Unicredit va «ko» e affonda Piazza Affari

Unicredit va «ko» e affonda Piazza Affari

L’aumento di capitale? «Se fosse stato fatto prima, sarebbe stato meglio. Anche per il mercato». Per Fabrizio Bernardi, analista di Fidentiis Equities (boutique finanziaria italo-iberica indipendente), la ricapitalizzazione di Unicredit è «un male necessario», ma ampiamente atteso. Il supersconto sull’aumento? «Il prezzo è particolarmente basso perché si vuole evitare che gli azionisti storici, come qualche Fondazione, non sottoscrivano subendo una diluizione». Inoltre, emettere nuove azioni a 1,943 euro «dà un po’ di respiro anche alle banche che fanno parte del consorzio» perché si tratta di una valutazione che può facilitare gli acquisti.
Certo, per Bernardi l’equazione «prezzo basso=nuovi investitori» non è automaticamente dimostrata, in quanto molto «dipende dalle aspettative di redditività di un eventuale nuovo socio»; soprattutto in questa fase di mercato «ogni euro speso deve giustificare un ritorno adeguato». Fidentiis da molto tempo ha espresso un giudizio «sell» (vendere) su Unicredit ma, prosegue l’analista, «a questi prezzi, tecnicamente molto compressi, il titolo esprime multipli molto interessanti». Ecco perché, secondo questa particolare prospettiva, «Unicredit avrebbe dovuto avviare l’aumento di capitale un anno fa, in quanto la valutazione era più elevata, e sottoscriverlo sarebbe stato più facile». Invece, «ha aspettato troppo e 7,5 miliardi pesano circa il 60% sui 12 miliardi di capitalizzazione di martedì scorso». Per di più «il momento è difficile e con 400 miliardi di titoli di Stato italiani, che vanno in scadenza quest’anno, reperire liquidità sul mercato diventa più difficile». Soprattutto per il comparto bancario che deve far fronte alle scadenze del proprio debito.


Ma il contesto europeo molto difficile metterà a rischio il piano industriale varato a novembre dall’ad Federico Ghizzoni? «Raggiungere 3,8 miliardi di utile netto nel 2013 non è un’impresa impossibile, ma bisogna vedere come evolverà lo scenario macroeconomico». Una mano potrebbe giungere dalle autorità europee «che finora hanno manifestato apertamente la volontà di sostenere il settore bancario».

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