Unicredit va verso l’aumento ma l’estero pesa sui margini

ASSEMBLEE L’operazione servirà a rafforzare il patrimonio dopo la rinuncia ai Tremonti-Bond

Unicredit va verso l’aumento ma l’estero pesa sui margini

La recessione e i domini nell’Europa Centro-orientale, in parte ereditati della fusione con la tedesca Hvb, continueranno a pesare sui conti di Unicredit che chiuderà l’anno con un calo del margine di interesse. L’indicazione è contenuta nella relazione del consiglio di amministrazione in vista dell’assemblea dei soci che il 13 novembre sarà chiamata ad approvare il previsto aumento di capitale da quattro miliardi per rafforzare il patrimonio dopo la rinuncia ai Tremonti-bond.
L’operazione dovrebbe scattare nel primo trimestre del 2010 spingendo il Core Tier 1 al 7,65% e il Tier 1 ratio a 8,46% (i valori sono pro-forma al 30 giugno). Il gruppo si allineerà così «ai principali concorrenti europei», anche in vista della revisione delle regole di Basilea II e delle pagelle compilate dalle agenzie di rating. Proprio l’anima internazionale di Unicredit potrebbe però provocare altri grattacapi all’ad Alessandro Profumo: la stessa Piazza Cordusio prevede infatti una redditività ancora «sotto pressione» per i sistemi bancari dell’area, a fronte di un costo del rischio che dopo il picco del 2009 rimarrà «piuttosto elevato» nel 2010. La situazione appare difficile soprattutto per Paesi Baltici, Ungheria e Bulgaria, il cui pil dovrebbe contrarsi anche il prossimo anno. Per quanto la situazione rimanga quindi complessa, Unicredit concentra tuttavia la propria presenza in Polonia, Russia e Turchia e il responsabile del Centro Est Europa, Federico Ghizzoni, ha più volte ribadito che «la divisione chiuderà bene il 2009».
Quest’anno il margine di interesse di Unicredit sarà comunque in discesa «sia per effetto della riduzione dello stock degli impieghi sia per la minore redditività dei depositi». Malgrado l’economia mondiale sia in ripresa, il gruppo avverte infatti che il 2009 risulterà influenzato dai riflessi della «crisi finanziaria e dal rallentamento dell’attività in Europa». Nonostante la «solida» capacità dell’industria bancaria di generare margini, la peggiorata qualità del credito inciderà poi «significativamente sulla redditività». Per contro - si legge sempre nella relazione del cda - il margine da servizi beneficerà «del migliorato clima» dei mercati. Unicredit, che prosegue il contenimento dei costi, ricorda poi come l’aumento di capitale sia reso possibile «dalla riapertura del mercato di capitali». Ancora da decidere, tuttavia, il prezzo della ricapitalizzazione che sarà calcolato partendo dal valore teorico ex diritto («Terp») delle azioni basandosi sulla quotazione ufficiale di Borsa del giorno precedente al via libera del cda e dopo aver verificato un eventuale sconto. Così come resta una alea di incertezza sulla decisione dei grandi soci: disponibili a fare la propria parte sono la Fondazione Crt e Carimonte.

Cauta, invece, Fon-Sai: «Il consiglio non ha ancora deciso - ha detto ieri l’ad Fausto Marchionni - le cose sono ancora in divenire. Il tema sarà portato al Consiglio di amministrazione con tutte le considerazioni relative al ritorno derivante dall’eventuale sottoscrizione dell’aumento».

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