Unione, il fascino dell’incoerenza

Bruno Fasani

Dopo le parole del cardinale Ruini al Consiglio permanente della Cei, è stato il Papa a invitare i cattolici sulla difesa della vita, della famiglia fondata sul matrimonio e del diritto dei genitori a educare i loro figli. Questi sono valori «non negoziabili», ha detto Benedetto XVI e la Chiesa, quando interviene per «illuminare le coscienze», non commette alcuna ingerenza ma fa soltanto il suo dovere.
Che la chiesa abbia scelto di non compromettersi in schieramenti di parte è risaputo. Non solo per ragioni di par condicio, di equilibrismo bipartisan un po’ pelosetto. E neppure per paura di scontentare i «clienti», notoriamente sparpagliati su vari fronti. Un noto industriale, declinando l’invito a mettersi in politica, sosteneva che i tortellini si mangiano a destra come a sinistra. Il motivo più nobile, in realtà, va cercato altrove, e cioè nella coscienza che il vangelo dev’essere l’anima della storia, verso la quale si pone come ideale e coscienza critica, senza restare imbrigliato in nessuna proposta temporale o temporanea. Sarebbe come comprimere l’eterno nei segmenti del parziale e del momentaneo.
Ma se il vangelo vola in alto, non è altrettanto vero che ogni situazione storica deve misurarsi con esso? Almeno per chi dice di ispirarvisi? Com’è possibile allora credere che le parole del Papa e del cardinal Ruini vadano bene per un programma come per il suo opposto? Questo può valere nell’intimo delle coscienze dei singoli cristiani che militano nei due schieramenti, ma non può essere applicabile a progetti che vanno a intercettare sensibilità palesemente in conflitto con i suoi dettami.
Nel programma di centrosinistra invano si cerca il tema della famiglia. Se ne parla in due punti: quando si fa cenno alle «unioni civili» e a proposito dei diritti di cittadinanza. Non solo non si parla di famiglia, ma quella fondata sul matrimonio non viene neppure menzionata. La questione si risolve nei diritti di cittadinanza, quali asili nido, libertà di scelta per i giovani, vecchiaia attiva, lavoro della donna, servizi per la non autosufficienza. A pagina 72 si prevedono le unioni civili e si dice testualmente: «L’Unione proporrà il riconoscimento giuridico dei diritti, prerogative e facoltà alle persone che fanno parte delle unioni di fatto. Al fine di definire natura e qualità di una unione di fatto, non è dirimente il genere (leggi sesso, ndr) dei conviventi, né il loro orientamento sessuale».
A questo punto mi arrendo e chiedo aiuto. Lo chiedo a quei cattolici che, schierandosi a centrosinistra dovranno pur operare una quadratura del cerchio per combinare il magistero alto della chiesa con quello minuscolo dei partiti. Il momento storico - non quello elettorale - pone ai credenti il dovere di un discernimento epocale, non tanto tra Berlusconi e Prodi, ma sulle nuove frontiere della bioetica, sui grandi temi della sacralità della vita. È un discernimento non rinviabile, come lo fu la questione operaia nel 19° secolo e quella delle ideologie totalitarie nel 20°. È su questa frontiera che si decide la vittoria del cittadino-credente, condizionato dai media e dalla sociologia, o quella del credente-cittadino, condizionato dal vangelo e dall’appartenenza ecclesiale.
Non credo di essere lontano dalla verità quando leggo l’intervento di Avvenire di questi giorni che denuncia la metamorfosi culturale dei Ds rispetto al loro passato o altri interventi sulla famiglia e sul suo potere generazionale, come lo sforzo di stabilire nella coscienza dei cattolici una doverosa griglia di priorità. Resterebbe da chiedersi il perché del fascino esercitato dalla cultura di sinistra, con tutte le sue contraddizioni etiche, presso tanto clero e tanti cattolici. Forse alla base sta il mai risolto rapporto tra capitalismo ed economia di mercato. Non perché la storia non lo abbia chiarito, ma perché esso appartiene ai tabù ideologici non ancora superati, quelli che collocano i poveri (leggi il bene) a sinistra e i ricchi (leggi il male) a destra.
Il vangelo chiederebbe di obbedire a Dio piuttosto che agli uomini. Tra un progetto che promette il rilancio dell’economia e uno che si fa custode della sacralità della vita e della famiglia è arbitrario chiedersi dov’è più forte la voce di Dio? Il direttore di un settimanale cattolico, rispondendo ad un lettore che proponeva di votare Udc, diceva testualmente: «Non dimentichi che votare Casini è come mettere la croce sul nome di Berlusconi».

Neppure il dubbio che la provocazione potesse essere rovesciata.

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