Unipol: Consorte non avviò l’inchiesta interna

Polemica dopo l’intervista a «Repubblica». La compagnia: «Fu il Cda a deliberare la revisione contabile e procedurale»

da Roma

Giovanni Consorte e i suoi legali non hanno avuto alcun ruolo nella decisione del cda Unipol di avviare una revisione contabile e procedurale sugli affari conclusi dallo stesso Consorte e da Ivano Sacchetti. La smentita della compagnia alle dichiarazioni dell’ex patron di Unipol a Repubblica, giunta nella serata di ieri, è netta. «L’incarico di svolgere un’attività di audit di natura contabile e procedurale, avente a riferimento alcune aree gestionali della Società e delle principali controllate - afferma una nota di Unipol Assicurazioni -, è stato deliberato dal Consiglio di amministrazione il 19 gennaio scorso. Detto incarico - aggiunge il comunicato - è stato conferito alla Deloitte Financial Advisory Services, sentiti i pareri dell’avvocato Luca Sirotti, legale incaricato per la tutela degli interessi della Società, e il professor Guido Rossi. In tali determinazioni - conclude l’Unipol - nessun ruolo hanno avuto l’ingegner Consorte e/o i suoi legali».
Ma che cosa aveva detto Consorte, per provocare la smentita? Nella sua intervista, l’ingegnere aveva affermato che l’idea dell’inchiesta interna era stata suggerita dal suo avvocato, Filippo Sgubbi, «con il mio convinto assenso». Ed aggiungeva: «Suggerisco anche un’altra iniziativa: per correttezza, sarebbe bene calcolare il valore creato per i soci Unipol negli ultimi quindici anni, diciamo anche negli ultimi cinque».
Indagato per numerosi reati, dall’aggiotaggio all’appropriazione indebita, all’associazione a delinquere, Consorte nelle due paginate d’intervista sul quotidiano romano distribuisce staffilate a «grilli parlanti e soloni» anche all’interno del mondo cooperativo, critica il comportamento di Luigi Abete per aver conservato la presidenza Bnl, e si attribuisce l’iniziativa di auditing interno. «Acquisendo la Bnl saremmo diventati il terzo gruppo italiano, per questo sono stato fatto fuori», sostiene.
La verità di Giovanni Consorte appare a molti come l’operazione di trasferimento di un caso dalle aule giudiziarie alle pagine amiche dei quotidiani. «La Repubblica - commenta Sandro Bondi, cooordinatore di Forza Italia - ha il merito di confermare come il caso Consorte segua regole e modalità del tutto differenti da quelle riservate, ad esempio, a Gianpiero Fiorani. Consorte, infatti, può liberamente rilasciare interviste in cui chiama in causa alcuni dirigenti del mondo delle cooperative, rivolgendo inoltre pesanti accuse nei confronti degli organismi di controllo (Isvap, Banca d’Italia, Consob). Soltanto a D’Alema e a Fassino - rileva ancora Bondi - Consorte dà atto della loro corettezza». La «campagna di riabilitazione di Consorte è iniziata», aggiunge Maurizio Ronconi (Udc), presidente della commissione Agricoltura del Senato.
Le spiegazioni date nell’intervista a Repubblica «mi sembrano fatte col senno del poi», commenta Bruno Tabacci.

Consorte, secondo il presidente della commissione Attività produttive della Camera, «aveva problemi coi fondamentali per poter aspirare a un controllo strategico su Bnl. Chi opera nella finanza deve assoggettarsi alle regole; non c’era bisogno delle telefonate - aggiunge - per riscontrare che molti sono andati oltre queste regole».

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