Urbanistica, ecco come Palazzo Marino cambierà faccia alla Darsena

In attesa della sentenza del Tar, prevista per questi giorni, pronte due versioni del progetto di sistemazione temporanea. Da sei anni l'area è diventata una discarica. I lavori per i box non sono mai partiti. E il Naviglio diventa un giardino

Urbanistica, ecco come Palazzo Marino 
cambierà faccia alla Darsena

Da discarica a cielo aperto a ecosistema urbano. Da vergogna cittadina a parco botanico didattico. Questa la curiosa parabola della Darsena, ridotta da 6 anni a questa parte a discarica a cielo aperto per via di quel cantiere mai partito che avrebbe dovuto mettere a disposizione dei cittadini 713 posti a rotazione e 303 box. Dal 2004, anno in cui la Darsena spa, società vincitrice del bando del 2001, firmò la convenzione per la realizzazione in project financing dell’autosilo con il Comune, allora guidato da Gabriele Albertini, i lavori non sono mai partiti. Il 18 ottobre scorso il sindaco ha deciso di dire basta a questa «ferita aperta» e di rescindere il contratto con la società. Ora l’ex porto di Milano potrebbe risorgere dalla sue stesse ceneri e diventare addirittura un’attrazione naturale.
È attesa da una decina di giorni e potrebbe arrivare anche oggi la sentenza del Tar che dovrà esprimersi sul ricorso presentato dalla Darsena spa contro palazzo Marino che ha revocato la concessione. Intanto lo scorso agosto la Procura ha aperto un’inchiesta a carico dell’impresa per lo stato di degrado e di abbandono in cui si trova il cantiere, che occupa un’area di circa 12mila metri quadrati in pieno centro. Il presidente Ezio Pellegrini, sentito dagli inquirenti in autunno, respinge le accuse al mittente: «Dal 2007 abbiamo speso almeno 40mila euro per ripulire l’area, operazione che abbiamo dovuto ripetere un’infinità di volte. La vegetazione? Di per sé non rappresenta un fatto negativo. Quanto alla sicurezza abbiamo denunciato più volte ai vigili e alla polizia le continue intrusioni, oltre ad esserci preoccupati di riparare la recinzione ogni volta che veniva danneggiata. Tanto per dire, ci abbiamo messo anni per ottenere l’abbattimento del casotto abusivo, che dava rifugio a barboni e sbandati».
Ma è proprio sull’omissione di controllo che punta Palazzo Marino per rientrare in possesso dell’area e sistemarla temporaneamente. Obiettivo del sindaco, a un anno dalle elezioni, calare il sipario su uno spettacolo a dir poco svilente per la città, senza aspettare che la vicenda giudiziaria faccia il suo corso. Per questo l’avvocatura di piazza Scala ha chiesto ai giudizi amministrativi di esprimersi prima sulla restituzione dell’area di cantiere al Comune e solo dopo sul merito del ricorso della Darsena spa. Intanto anche i residenti, che dal 2004 hanno promosso più di un ricorso contro la realizzazione del parcheggio, dopo 6 anni di lamentele si sono rimboccati le maniche: c’è chi si è riunito nel comitato «Darsena pioniera» e ha presentato un progetto di restyling al Comune, chi invece ha creato un gruppo su Facebook, «Ridateci la Darsena», con l’obiettivo di attirare l’attenzione sullo stato di degrado del quartiere.
Da quando Letizia Moratti ha deciso di richiudere la ferita aperta al Ticinese, i tecnici dell’assessorato all’Arredo urbano hanno disegnato la Darsena del futuro in due versioni. Il progetto di sistemazione temporanea - in attesa che il Tar si pronunci sul ricorso presentato dalla società costruttrice, che potrà poi ricorrere al Consiglio di Stato - costituisce una soluzione veloce da realizzare e di modesto investimento (meno di 1 milione di euro), che consente di mantenere l’area del cantiere così com’è, finché la questione non sarà definitivamente chiusa. Due le versioni possibili, una «asciutta» come la definiscono gli architetti del settore Arredo e una «bagnata» ovvero completamente ricoperta d’acqua, ammesso che gli argini lo consentano. Una volta ricoperti gli scavi archeologici affinché non si deteriorino, il sindaco dovrà decidere se lasciare la vegetazione spontanea così com’è - posto anche il valore botanico ed «ecologico-educativo perché porta in città una tipologia di ambiente che l’utente medio non è abituato a vedere e non è portato a riconoscere come valore» e riempire d’acqua solo la seconda metà del bacino, come si presenta attualmente, o riempire di acqua tutto l’ex porto di Milano.

Ovviamente dopo avere ripulito l’area dalla spazzatura che continua ad accumularsi ed aver disinfestato l’area da topi e zanzare. Delle passerelle in legno permetteranno di attraversare la Darsena e osservare specie vegetali tipiche della pianura padana o i pesci proprio come una volta...

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