
Una torre di 24 piani, alta 83 metri, in una zona già densamente popolata, costruita senza tenere conto dell'impatto che avrebbe avuto sul contesto intorno. E che ha creato "molti problemi", a cominciare da quelli ambientali. È la Torre Milano di via Stresa ad arrivare sul banco degli imputati nel processo ripreso ieri davanti alla Settima sezione penale. In "una città" come Milano "ci sono anche le infrastrutture che non si vedono, come le reti, le fognature, l'apparato idrico" e con questo intervento, "così impattante dal punto di vista del carico urbanistico", non ci si è "preoccupati, come in altri casi di cosiddetta rigenerazione urbana, di considerare la adeguatezza delle reti anche per i cambiamenti climatici in corso e questo crea molti problemi". L'architetto Chiara Mazzoleni, ex docente allo Iuav di Venezia e consulente della Procura, ha elencato in aula tutti quei problemi.
Il "carico urbanistico" del grattacielo è stimato in "320 abitanti potenziali". Continua l'esperta: "Non si può pensare che anche un'area pienamente urbanizzata" sia "attrezzata per un carico così rilevante, non solo per i servizi ma per esempio per le infrastrutture. Non mi posso sempre collegare alle infrastrutture esistenti. Tanti pensano che bastino la trasformazioni dell'esterno addirittura con prospettive di densificazione delle aree", ma questo significherebbe "sostituire il piano urbanistico con il regolamento edilizio. Non è logicamente immaginabile". Nel processo, il primo in dibattimento sul nodo dell'urbanistica, sono contestati i reati di abuso edilizio, lottizzazione abusiva e falso. Gli imputati sono otto, tra costruttori, architetti e dirigenti ed ex dirigenti del Comune. Nella propria deposizione la consulente, rispondendo ai pm Mauro Clerici e Marina Petruzzella, ha spiegato che, a suo avviso, non c'erano i "presupposti di legge" per qualificare la costruzione della torre come "ristrutturazione" invece che come "nuova costruzione" e per procedere con "una Scia" al posto di un "piano attuativo". La Torre Milano sorge dove si trovava un fabbricato (demolito) di due piani più uno seminterrato. "La superficie dei seminterrati del fabbricato che c'era prima - continua l'architetto - è stata usata e traslata all'esterno sulla torre e questo non era consentito da una delibera regionale". Non solo. La superficie dei "vani interrati" ha consentito di realizzare pure "le piscine" della torre. Numerosi i passaggi che, per i pm, sono stati possibili grazie a determine dirigenziali, ma in modo illegittimo.
C'è poi la questione dello "sconto" sugli oneri di urbanizzazione fatto ai costruttori, che in via Stresa sarebbe stato di 1,2 milioni di euro. Secondo la valutazione della consulente infatti, l'azienda costruttrice, la Opm di Carlo e Stefano Rusconi, avrebbe dovuto pagare al Comune cifre "tre volte superiori".
I difensori, fra cui gli avvocati Federico Papa, Massimiliano Diodà, Giovanni Brambilla Pisoni e Michele Bencini, hanno sottolineato: "È paradossale un processo dove si discute della interpretazione giusta o sbagliata delle norme, è un tentativo di scaricare sull'individuo il fatto che le norme non piacciano".