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Urla, parolacce e cazzotti E l’onorevole Idv finisce ko

RomaLe acque torbide della politica spurgano a Montecitorio in una giornata di fuoco. Fuori 34 gradi, in Aula molti di più. Un forno. Alla fine arrostito ci resta il deputato dipietrista Francesco «Franco» Barbato, riccioluto re delle provocazioni in gessato blu. Per lui un cazzotto nell’occhio destro, la corsa al policlinico Gemelli e un referto medico che parla di 15 giorni di prognosi. Ad assestargli il colpo del ko Carlo Nola, 50 anni, pavese, laurea in legge, cresciuto a pane e politica nel Fronte della Gioventù, missino doc. Per sua ammissione: «Al mio liceo, il Taramelli, era in voga il “caccia al Nola”. Botte? Tante, date e prese ma soprattutto prese. Al pronto soccorso ero di casa». Stavolta all’ospedale, c’è finito l’avversario.
Che sarebbe stata una seduta incandescente lo si sospettava, visto che già martedì erano scoppiate le prime scaramucce tutte interne al Pdl attorno al cosiddetto ddl Meloni. In pratica 12 milioni di euro da destinare alle comunità giovanili, registrate presso il ministero della Gioventù. Giravano voci che i finiani si sarebbero messi di traverso anche su questo provvedimento per far pagare alla «meloncina» il tradimento a Gianfranco e lo sposalizio della causa berlusconiana. Vero? Sì, no, forse. Sta di fatto che tra i principali affossatori del ddl c’è Alessandra Mussolini («Prima si pensi ai bambini e poi ai gruppettari dei centri sociali amici degli amici») e l’ex ministro Antonio Martino («In un momento di grave crisi che senso ha buttare le risorse»?) che proprio finiano non è. E il provvedimento non piace neppure alla berlusconiana Nunzia De Girolamo, in questo caso schierata coi finianissimi Della Vedova, Briguglio, Perina e Barbareschi. Gli altri? Alcuni lo sostengono, molti si adeguano seppur turandosi il naso. Insomma, un pasticcio. La Meloni, alla fine, cede: il provvedimento torni pure in commissione. Tensione alle stelle, caldo, sudori.
Ma la temperatura si fa incandescente quando prende la parola Barbato, eloquio e urla da guappo: «Il ministro è giovane ma è vecchia. Rappresenta le vecchia politica politicante, partitocratica. Farebbe arrossire Pomicino e Mastella», urla. «Buuu». Ma il cerino nella tanica di benzina arriva poco dopo: «Il ministro vuole questo provvedimento non per sostenere i giovani - sbraita nel microfono - ma la corrente politica sua e di Alemanno e dell’assessore Lollobrigida». Barbara Saltamartini è una molla e si fa a due a due i gradini per raggiungere la sesta fila dell’emiciclo. «Ma come ti permetti? Falla finita con le tue provocazioni» gli grida in faccia. Dietro la Saltamartini le amazzoni ex aennine Paola Frassinetti e Viviana Beccalossi a darle manforte. E l’altro paonazzo: «Taci tu, camorrista, ladra, mafiosa». Non l’avesse mai detto: il tafferuglio si propaga a quasi tutto l’emiciclo. Volano i «vaffanculo» e i «vergogna» e spunta l’anima destrorsa degli antichi camerati: «Le donne non si toccanooooo» e via a dar manforte al trio rosa-nero. I commessi hanno un gran daffare per placcare gli aennini furibondi: parte Vincenzo Piso, scatta Fabio Rampelli, accorrono anche Giovanni Dima e Francesco Biava. L’aretino Maurizio Bianconi grida a squarciagola a Barbato: «Pezzo di merdaaaaa». L’Aula si trasforma in curva sud. I diepietristi a difendere Barbato che rischia il linciaggio. Nel trambusto qualche commesso si prende una gomitata nella pancia: «Che cazzo mi tieni? Lasciamiiii». Ma le scintille sono anche tra pidiellini: nel caos, Marcello De Angelis battibecca con il capogruppo Cicchitto che cerca di frenare gli ex aennini: «Che cazzo fai?»; «Che cazzo vuoi?». Poi saranno scuse e strette di mano. La Mussolini contro Marco Marsilio e Fabio Rampelli: «Mi hanno detto “Ecco, sei contenta? Stai attenta, devi stare attenta!”. Cos’è una minaccia?». Rampelli nega: «Mai minacciata una donna in vita mia, io».
Intanto il calabrese Giovanni Dima è quasi arrivato a tiro. Cerca di colpire Barbato ma davanti a sé ha il pavese Carlo Nola, un bestione da cento e passa chili. Lui sì che riesce a colpire: bum. Manata in pieno volto. Nel tutti contro tutti, molti sono contro la presidente Bindi: «Quando guidano Lupi o Fini a quel Barbato tolgono la parola». La rissa scema col commento di un leghista: «Ma robb de matt... Varda cum el mena el camerata».


E ora? Alla buvette il vicepresidente Lupi cerca di sdrammatizzare: «Vedremo il filmato al moviolone. Chiameremo Tombolini e poi vedremo». E dall’ufficio di presidenza della Camera arriverà il verdetto: i protagonisti della scazzottata rischiano una sospensione massima di 15 giorni.

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