Ursula, Trinidad e le altre Vogliono fare le scarpe al capo

In Germania, Spagna, America, Francia, ecco chi sono le donne che in politica manovrano per sedere sulla poltrona più alta

Ursula, Trinidad e le altre 
Vogliono fare le scarpe al capo

Michèle, Carmen, Ursula. Vorrebbero essere tutte come Dilma Rousseff. Lei, che a 63 anni ha vinto, ed è diventata presidente del Brasile sulla scia di Lula, il suo mentore. È la corsa delle delfine, la scalata del potere in rosa. I successori di Zapatero, Merkel, Delanoë, potrebbero essere le ragazze cresciute nel mito dei loro leader. Sono vent’anni che Dilma si gioca le sue carte. Ha aspettato, paziente, ha seguito i consigli del suo consigliere di fiducia. Lula l’aveva scelta tra tante a Rio Grande do Sul, allora era ancora una giovane politica con l’accusa di terrorismo ancora fresca. Poi Dilma è cresciuta, e quella faccia da dura ha lasciato posto a parole più moderate; sorriso sulle labbra e lenti a contatto al posto degli occhiali. Il grande salto è arrivato per le presidenziali di quest’anno. E Dilma è andata fortissimo. In ogni comizio l’impronta di lui, stessi discorsi, stesso impeto. E agli applausi finali usciva anche Lula che negli ultimi mesi della campagna elettorale ha fatto più comizi che non per la sua rielezione del 2006. Così Dilma la delfina di Lula ce l’ha fatta e ha conquistato il Brasile. Il Guardian l’ha definita «L’ultimo miracolo del presidente».

Sono sette anni che in Germania Ursula von der Leyen aspetta il suo momento. E finalmente ora anche i media si sono accorti che potrebbe essere lei l’erede di Angela Merkel. Lunedì e martedì scorso il congresso della Cdu l’ha eletta nella rosa dei quattro vice di Angela. E allora tutti a scommettere sulle sue potenzialità, le sue doti. Ursula, sette figli e carriera a gonfie vele, è ambiziosa e determinata. Partita dal suo Land della Bassa Sassonia è riuscita ad entrare nel primo governo Merkel in veste di ministro della Famiglia. Un successone. Oggi è ministro del Lavoro ed è vice del partito. Ursula piace, e soprattutto è capace di aspettare il suo turno. Non ha fatto una piega quando per ben due volte si era preparata a diventare capo di Stato. Tutte le voci la davano come favorita. Poi, all’ultimo la Merkel ci aveva ripensato e aveva preferito prima Köhler e poi Wulff. Un maledetto calcolo l’ha fregata per due volte. Ma oggi i più maligni raccontano che Ursula abbia imparato la lezione. Aspetta, resta nel solco della potente Angela, ma intanto si fa spazio. E c’è chi dice che ora Angela inizi a temerla, tanto che avrebbe preferito non averla tra i suoi vice.

In Spagna le delfine di Zapatero sembrano essere addirittura due. C’è Carmen Chacón, ex preferita, ministro della Difesa che con il pancione andava a salutare i militari in guerra. Le foto avevano fatto il giro del mondo, avevano fatto invidia a Paesi come l’Italia, dove le quote rosa sono sempre scarse. Oggi meglio di Carmen per Zapatero c’è Trinidad Jiménez che ha preso il posto di Moratinos al ministero degli Esteri.

Le delfine rosa corrono veloci. Guardano chi al potere ci è già arrivata o quasi, come Sarah Palin, nata come delfino di McCain, estratta dal cappello quasi come una magia, dal candidato in difficoltà. Poi si è mangiata lo spazio del suo «creatore». Anche Michèle Flournoy, sottosegretario per le politiche della Difesa, si è costruita le sue chance per un posto in prima fila. Robert Gates il suo capo, il ministro della Difesa la sprona, la incoraggia. Potrebbe essere lei infatti la sua delfina. Ogni mattina Michèle partecipa alle riunioni con i principali attori del Consiglio di sicurezza della segreteria di Stato.

«Nonostante la Flournoy sia tecnicamente il numero tre del Pentagono- dicono oggi gli analisti -, si muove e prende decisioni come se fosse il numero due». E a Parigi c’è Anne Hidalgo, che dietro la linea tracciata dal suo capo Delanoë sogna un giorno di diventare sindaco di Parigi. E poi chissà, magari tra i sogni c’è una sfida a Sarkozy.

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