Usa, repubblicani spaccati Primarie-suicidio della destra

Santorum risale, Romney ricrolla: ai repubblicani manca l’asso. E il presidente Obama ringrazia

Usa, repubblicani spaccati Primarie-suicidio della destra

È il gioco delle tre carte: Rom­ney, Santorum, Gingrich. La destra americana si distrugge così. Come quelli che s’avvicinano al banchet­to: carta vince, carta perde. Dov’è l’asso? Un mese dopo l’inizio delle primarie, i repubblicani sono più di­visi che mai: non c’è un candidato che prevalga sugli altri, non c’è una strategia vera, non esiste un uomo in grado di unire, ma tre che sanno solo dividere.C’è l’unico che secon­do i sondaggi oggi potrebbe battere Obama, cioè Romney, che viene co­stantemente massacrato dai suoi avversari.

È il bello della democrazia, è il bello del­l’America, però è anche la chiave che può riaprire facilmente il can­cello della Casa Bianca a Barack Obama. Perché più i repubblica­ni allungano la loro battaglia in­terna, più s’accorcia la campa­gna elettorale per le presidenziali e così il presidente s’avvantaggia. Ovvio, no? Lui può contare sugli indicatori economici che comin­ciano a dare segnali di ripresa: la disoccupazione che cala, il Pil che risale, la crisi che comincia a passare. Obama sta già raccon­tando all’America che sta cam­biando qualcosa: «Ehi, abbiamo sofferto, ma adesso vediamo la lu­ce ».

I repubblicani nel frattempo si fanno gli sgambetti tra loro. Gin­grich accusa Romney di essere co­me Obama, Romney rinfaccia a Gingrich di non essere presiden­ziale, Santorum attacca entram­bi dicendo che non sono moral­mente adatti a rappresentare quella fetta di elettorato più sensi­bile ai valori etici e religiosi, gli al­tri due che rispondono dicendo che Santorum piace soltanto alla destra cattolica ed evangelica. Tutti contro tutti. Uno vince in uno Stato e sembra diventare il candidato alla nomination, poi vince l’altro, poi l’altro ancora.

È come ricominciare sempre da ze­ro. Così, adesso, dopo il risultato delle primarie in Minnesota, Mis­souri e Colorado, Mitt Romney sembra arretrare e Rick Santo­rum risale. Il contrario di quanto era accaduto dopo le primarie in Florida e una situazione ancora diversa dopo il voto in South Caro­lina che aveva portato avanti il volto e la storia di Newt Gingrich. Tre carte, appunto. E sempre la stessa domanda: dov’è l’asso? Semplicemente non c’è.Sarebbe Mitt Romney, o almeno avrebbe dovuto essere lui. Teoria. Perché dopo ieri è cambiato di nuovo tut­to.

Il tre a zero che ha subito da Santorum ha destabilizzato tut­to, mostrando le difficoltà oggetti­ve c­he l’ex governatore del Massa­chusetts a farsi accettare dal­l’America del Midwest, quella più conservatrice. I numeri parla­no chiaro per Mitt «il moderato», il predestinato,l’uomo coccolato dall’establishment del partito.

Minnesota, primo Santorum con il 45%, Romney solo terzo con uno striminzito 16,9%, superato perfino dall’eccentrico Ron Paul con il 27%. Stessa storia in Missou­ri, dove Santorum trionfa con il 55%, secondo Romney con meno della metà dei voti, fermo al 25%. Male anche in Colorado: al termi­ne di uno scrutinio al cardiopal­mo, dopo ore di testa a testa, San­t­orum prende il largo e vince sfon­dando quota 40%.

Secondo Rom­ney, con il 35%. E dire che qui, nel Cantennial State, Romney solo 4 anni fa sbaragliò John McCain, con un sontuoso 60%. Numeri si­mili anche negli altri Stati. Ma al­l’epoca Romney poteva giocare il ruolo del conservatore, tutto al­l’attacco del moderato McCain. Stavolta le parti si sono inverti­te. E a essere premiato è stato Ri­ck, il nipote dell’immigrato di Ri­va del Garda, ultra- conservatore e cattolicissimo padre di cinque fi­gli. «Stasera, con me, ha vinto il ve­ro popolo dei conservatori. E ora questo popolo non sconfiggerà solo Mitt Romney, ma si prepara a battere Barack Obama», ha det­to Rick Santorum, parlando al suo quartier generale di St. Char­les, in Missouri. A questo punto è lui sulla carta a guidare la corsa, avendo vinto quattro Stati (Iowa, Missouri, Minnesota e Colora­do). Romney si trova a inseguire con tre vittorie (New Hampshire, Florida e Nevada).

Terzo, con la sola affermazione in South Caroli­na, Newt Gingrich, che già vola in Ohio per cercare la sua rivincita. Uno contro l’altro,ancora:nes­suno ha intenzione di mollare, tutti e tre si stanno ammazzando tra loro. Ora si guarda al 6 marzo, al Super martedì: 12 Stati al voto. Avrebbe dovuto essere il giorno decisivo, invece sarà molto pro­babilmente un altro tassello del suicidio di massa della destra americana.

Si divideranno la tor­ta in tre, col risultato di prolunga­r­e la sfida e

continuare a fare un fa­vore agli avversari. «Siamo nella terra di nessuno», ha detto ieri Santorum sorridendo. Purtrop­po per lui, per Gingrich e per Rom­ney è la notizia peggiore che ci possa essere.E c’è poco da ridere.

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