Va tutto alla rovescia: il presidente etero discriminato dai gay

Francesco Brollo ha trentasette anni. Ha una figlia che è una pupina di quattro anni che porta l’improbabile nome di Odetrigia, sarebbe «colei che indica il cammino», e una compagna altrettanto bella. Lui è un veneziano emigrato al sud, terra di Bari, il mare è sempre quello, adriatico. Francesco Brollo ama il cinema, come regista ha curato il film Pane Amaro, girato a Bari vecchia. Il cinema non c’entra, però anche se tra qualche riga leggerete di un colpo di scena.
Brollo è eterosessuale, dicono così le notizie di agenzia che, tuttavia, aggiungono: è stato eletto come presidente dell’Arcigay di Bari. È accaduto nel terzo congresso del comitato provinciale dell’associazione. Orrore, vergogna! Come può un uomo tutto di un pezzo comprendere problemi, esigenze e richieste di una popolazione ghettizzata e insultata, considerata diversa? Queste sarebbero, anzi sono, le tesi degli «altri» di chi non è iscritto all’associazione, degli etero poco etero, degli oppositori, dei bacchettoni, dei sedicenti «normali», di quelli che.
Ma ecco il colpo di scena: a ribellarsi è la minoranza petulante dell’associazione, i duri e puri, sostengono che Brollo non avrebbe la sensibilità, la pelle per rappresentare la «comunità», non saprebbe, non sa, ad esempio, che cosa significhi sentirsi urlare «ricchione di m...» davanti a spalti gremiti, non saprebbe e non sa che cosa si provi a vedere la gente ghignarti in faccia, oppure ad essere evitati quasi con «fastidio fisico, che cosa significhi ascoltare il mormorio di insinuazioni e di battutacce da caserma».
Insomma Brollo non è uno di loro, anzi. I contestatori scendono in corteo, scrivono, esprimono il loro disappunto, una cosa è lottare al fianco di qualcuno, altro è pretendere di guidarne la lotta al di fuori. La dirigenza esterna si impone agli incapaci, non si può avere un papa straniero e non piace il tentativo del Brollo di abbassare il tono delle polemiche per una sorta di banale ecumenismo. Tutta roba vera, questa, parole non dette con rabbia ma scritte, dunque pensate, elaborate secondo uno schema - mi è permesso? - tipiche del ghetto. Se ne fa, addirittura, una questione condominiale. Bari, insomma, è sprovvista di persone omosessuali che siano pronte, disposte, disponibili e capaci di assumere il comando, di gestire il problema, in breve di essere portavoce del movimento. Bah più che Bari.
La non notizia diventa una notizia ma Brollo è l’eccezione che conferma la regola, è la svolta, è uno schiaffo in faccia a chi crede che soltanto un assassino possa scrivere sui giornali di omicidi e un calciatore occuparsi di football. Brollo è lui il diverso tra normali, Brollo è un segnale ma con una premessa sostanziale: che nessuno pensi di strumentalizzare politicamente la faccenda, cosa che invece sta accadendo nelle ore successive alla nomina presidenziale, di qua i saggi, di là gli stolti.

Perché se volessi davvero mettere sotto il microscopio la questione si scoprirebbe che i bigotti e i sacrestani sono emersi e apparsi proprio dalla loro chiesa, la fronda a Brollo arriva dall’interno della comunità nella quale lo stesso neopresidente non si riconosce, non si individua preferendo una collocazione, questa diversa, si può stare insieme, senza chiedersi perché, come lui stesso dice, «io non mi rivolgo alla comunità omosessuale, io parlo con le persone e vivo in una società». Poi c’è il sensazionalismo, la ricerca del colpo ad effetto, la solita rissa di portineria. Il risultato è stato ottenuto. Per fortuna Odetrigia sa che suo papà è davvero diverso da tutti gli altri.

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