Politica

Vale in Italia il divorzio americano

Voleva limitare le agevolazioni al marito: «Non può farlo»

da Roma

Per la Cassazione è valido il divorzio pronunciato in America, da giudici statunitensi - nei confronti di marito e moglie italiani - nonostante negli Stati Uniti, diversamente dall'Italia, non ci sia la «pausa di riflessione» della separazione che fissa in tre anni il periodo di tempo necessario prima di poter chiedere il definitivo scioglimento del vincolo coniugale. Lo sottolinea la Cassazione dando ragione a un marito, Vito M., che voleva far registrare in Italia la sentenza di divorzio da Agnese M., pronunciata dalla Corte Superiore del New Jersey nel 2003, dove la coppia risiedeva prima di arrivare alla rottura matrimoniale.
L'ex moglie era tornata in Italia, a Bari, sua città d'origine, e quando aveva saputo che l'anagrafe del Comune - su istanza di Vito - aveva registrato la validità del divorzio americano, si era rivolta alla magistratura sostenendo che l'atto del New Jersey non aveva «i requisiti prescritti dalla legge italiana per essere riconosciuto». La Corte di Appello di Bari, nel 2005, ha dato ragione alla signora in quanto «ostacolo» al riconoscimento del divorzio yankee «era costituito dal fatto che l'ordinamento statunitense non prevede l'istituto della separazione personale, che rappresenta una pausa di riflessione prima del divorzio, la cui utilità sembra evidente, soprattutto nel caso, come questo, in cui vi siano figli minori». Così la Corte d'Appello ordinò la «cancellazione del divorzio dai registri dello stato civile».
I giudici di Bari, inoltre, ritenevano non conforme al«ordine pubblico italiano» il fatto che la sentenza del New Jersey disponesse l'affido congiunto di Lorenzo, figlio minore della coppia, «senza dettare ulteriori provvedimenti relativi ai rapporti del bambino con i genitori, con ciò violando il suo diritto alla stabilità dei rapporti affettivi».


Contro questa decisione, Vito si è rivolto alla Cassazione che ha accolto - in pieno - il suo ricorso ordinando alla Corte di Appello di Bari di rivedere il suo verdetto.

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