Jerez de La Frontera - È bastato uno strattone prepotente a metà del primo giro, alla staccata della curva della Dry Sach, quella resa famosa nel 1997 dal contatto Villeneuve-Schumacher, per mettere fine al Gp di Spagna. Dopo 195 giorni e sei gare di digiuno, insomma, si torna alla normalità, con Valentino Rossi nuovamente in testa al mondiale e sul gradino più alto del podio, in una corsa dominata dal primo all'ultimo giro. «È la dimostrazione che sono sempre il pilota da battere» si gode il trionfo Valentino, che al di là delle prudenti dichiarazioni del sabato sera, ha messo in mostra una superiorità perfino imbarazzante su una pista dove in passato aveva già trionfato sei volte ed è difficilmente battibile, se non per eventi straordinari. Come era accaduto l'anno scorso, alla prima gara del 2006, quando centrato al via da Elias, ieri ottimo quarto, era stato costretto a una gara all'inseguimento, oltrettutto con una Yamaha piena di problemi. Adesso, però, è diverso e anche se la M1 soffre per la carenza di cavalli, sulle piste guidate e tecniche come quella di Jerez si comporta alla grande. E allora Rossi diventa imbattibile. «Mi sono divertito così tanto che gli ultimi giri mi sono sembrati un sogno: la vittoria ha tutto un altro sapore», dice felice, a conferma che il successo, comunque, un po' gli era mancato. Era dal Gp della Malesia, 10 settembre 2006, che Rossi non passava per primo sotto la bandiera a scacchi e tornare a trionfare a casa di Daniel Pedrosa, il suo più probabile avversario nella corsa al titolo, ha un significato piuttosto particolare. E la scenetta messa in atto nel giro d'onore, con Rossi che gioca a bowling con otto amici del Fans Club sotto forma di birilli umani, conferma che Valentino era piuttosto sicuro di farcela. «Ma per vincere ho dovuto disputare una gara perfetta» si giustifica quasi il campione, autore veramente di un Gp senza sbavature. Determinatissimo fin dallo spegnersi del semaforo, Rossi è transitato in seconda posizione alla prima curva, alle spalle di Pedrosa, scattato bene dalla pole. Per quello che si era visto durante le prove, Daniel avrebbe avuto la possibilità teorica di imporre il suo ritmo ed è esattamente quello che ha tentato di fare. Ma Valentino non aveva nessuna intenzione di farlo scappare e alla prima vera frenata, quella in fondo al rettilineo, ha dato l'ennesima lezione all'aspirante campione, andando a staccare molto più in là, come era accaduto per almeno tre volte in Qatar, senza che Pedrosa potesse azzardare la minima resistenza. Anche se Daniel deve comunque essere considerato per quello che è, un pilota fortissimo, in grado di rimanere a lungo incollato al codino della Yamaha. Fino al tredicesimo giro, più o meno metà gara, il distacco fra i due si è mantenuto sotto il secondo, ma con l'aumentare del degrado della gomma, proprio nella fase nella quale, teoricamente, Rossi avrebbe dovuto essere svantaggiato e Pedrosa favorito, il divario è aumentato e Daniel non ha potuto far altro che accontentarsi del secondo posto. Anzi, nei giri finali ha anche dovuto stare attento a non farsi sorprendere da Colin Edwards, buon terzo e finalmente efficace, a conferma della competitività della Yamaha. Colin non saliva sul podio dal Gp della Cina del 2006. È competitiva anche la Ducati, quinta con Casey Stoner. La moto rimane scorbutica e non facilissima da usare, ma Stoner la guida bene e la sensazione è che può essere competitivo in ogni pista.
Peccato solamente che Loris Capirossi, dodicesimo, non sia in forma e giustamente distratto da questioni familiari (sta per nascere il figlio), altrimenti potrebbe essere una stagione più che positiva per la Casa italiana. Non lo sarà, invece, per il campione del mondo Nicky Hayden, settimo davanti a un opaco Melandri.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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