A suo modo e anche a loro modo, è una storia damore. Valentino Rossi e Jeremy Burgess stanno alle moto come Michael Schumacher e Ross Brawn alle auto. Uno pilota stratosferico laltro direttore tecnico stratosferico. Quando Michael lasciò la Benetton per approdare a Maranello volle fortissimamente lingegnere inglese. E fece bene. Quando Brawn chiese - è storia di pochi mesi fa - a Schumi di fare altrettanto lasciando la Ferrari per tornare a correre con la Mercedes, si ripetè il ricongiungimento, ma il tedesco - come visto - fece male, molto male. Questa, però, è unaltra storia.
Si diceva di Rossi e Burgess, 57 anni, australiano, capo tecnico Honda con Wayne Garner assieme al quale vinse il primo titolo 500 e guida dei successi di Mick Dohaan prima e di Rossi poi. Rossi che lo volle con sé per approdare alla Yamaha e rifondarla, era il 2003. Rossi che pare, sembra, si dice gli abbia chiesto di ripetere lavventura con la Ducati. Solo che Burgess è più furbo di Schumi, nel senso che se a 41 anni un pilota fatica a tenere il passo dei giovani rivali, così un tecnico di 57 anni non ha più il vigore fisico per riprendersi in spalla le sorti di un team. E infatti, alla «Gazzetta dello sport» Jeremy ha recentemente dichiarato: «Ho fatto tanto lavoro in questa squadra, per cui sono contento di restare... quanto a seguire Valentino, avevo detto che il giorno del suo ritiro avrei potuto seguirlo in questa scelta... ma Vale aveva detto che avrebbe chiuso la carriera in Yamaha...».
Tutto vero, certo e assodato, però, con ogni probabilità, oltre alla volontà di non lasciare ad altri il lavoro fatto in Yamaha, cè, nella scelta che laustraliano sembra in procinto di fare, la consapevolezza che il mondo Ducati sia - come il rombo del suo propulsore Desmodromico - un pianeta che vive secondo regole e meccanismi diversi. Difficile pensare a Jeremy con uno stuolo di suoi uomini fidati piombare in quel di Borgo Panigale a dettare la via accanto allingegner Preziosi e al suo staff. Tanto più che la Ducati, viste le ultime prestazioni, è tuttaltro che da rifondare.
Per cui Jeremy, saggio comè, e profondo conoscitore delle meticolose messe a punto di Valentino, sa perfettamente che basteranno quelle a indicare la via alla Rossa a due ruote.
Valentino, il tecnico e la Ducati
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