Donatella Bono
Sono due storiche gallerie d'arte milanesi che fino al 25 giugno, dedicano spazio e attenzione all'opera di Valentino Vago, protagonista dell'astrazione europea, classe 1931, nativo di Barlassina. «Montrasio Arte» e «Grossetti & Annunciata Arte Contemporanea» ripercorrono infatti la carriera dell'artista dagli anni cinquanta ad oggi. La mostra, «Valentino Vago Opere storiche e nuovi percorsi», è divisa in due sezioni. «Montrasio Arte», via Brera 5, presenta le opere storiche di Vago: 18 oli su tela, che raccontano gli anni dal 1960 al '65, i primi lavori astratti, realizzati alla fine della stagione accademica, fino agli inizi del decennio successivo. Da una sorta di «colorismo informale», si giunge ad «Orizzonte nero», del 1964, dove la pittura diviene una «congiunzione di opposti, una sottile linea che cancella lo sguardo»; cielo e terra, scrive Flavio Arensi curatore della mostra, si uniscono ai limiti di una frangia esistenziale che mette in crisi tutto il percorso artistico del pittore.
Insomma, un punto di arrivo senza possibilità di scampo, un vicolo cieco quasi. Ma anche l'occasione per un'inversione di rotta. Si percepiva infatti, nelle opere realizzate negli anni cupi della guerra fredda, di grande incertezza politica, tutto il limite umano restituito allo sguardo dalle forme pittoriche, una disperazione per il futuro. Tuttavia, «Orizzonte nero» prelude ad un cambiamento, una svolta che lo porterà a sganciarsi da considerazioni troppo terrene per farsi affascinare dal mistero spirituale dell'armonia e dalla ricerca sulla bellezza.
Colore e materia si stemperano in una sorta di uniformità intensa ed astratta: Vago, spiega Arensi, smette di cercare per aprirsi con meraviglia infantile all'incontro. Non si tratterà più di osservare la terra dall'alto bensì di «sollevare gli occhi all'infinità del cielo, e lì costruire la propria Gerusalemme». Da qui, il suo lavoro nelle chiese: cupole dai colori prorompenti che si dissolvono verso l'alto, come per la Chiesa di Barlassina.
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