Tra i grandi soci del Corriere della Sera la maretta non si placa. Diego Della Valle, il patron della Tods che detiene il 5,5% di Rcs e siede nel patto di sindacato che controlla il 65%, ha ieri esternato senza peli sulla lingua: «Non mi piace questaria continua di assedio che cè intorno al Corriere e soprattutto non mi piace vedere che a metterla in piedi è qualcuno che non ha investito nulla e tenta di farlo vedere come cosa propria». Di chi parla Della Valle? «Credo - aggiunge - che ci sia ancora qualche arzillo vecchietto, unto dal Signore, che bazzica nei nostri consigli e che pensa che la Rizzoli non sia unazienda che vada gestita come tutte le altre». Nel consiglio della Rcs Quotidiani, rinnovato di recente, siedono entrambi i «grandi saggi» del Corriere e della finanza italica: Gianni Bazoli, presidente di Intesa, e Cesare Geronzi, presidente di Generali, con il quale Della Valle (che siede anche nel cda di Trieste) ha avuto recentemente da ridire.
Ma la tirata di ieri sembra più rivolta a Bazoli, che al Corriere è vissuto come colui che ha raccolto leredità dellAvvocato nel ruolo di primus inter pares, pur rappresentando una quota di capitale del 5%. Ed è a Bazoli che si imputa, a torto o a ragione, lappoggio al direttore De Bortoli rispetto agli articoli critici pubblicati sulla Fiat che hanno contribuito a creare scontenti tra i soci. Per questo forse Della Valle - che negli ultimi tempi si è distinto per posizioni critiche tra i soci di via Soferino, fino a non votare il piano industriale - si riferiva a lui.
Di certo, per De Bortoli si tratta di un elemento di tensione esterna in più, con il quale dover fare i conti. Mentre come noto, allinterno, il direttore ha deciso di giocare tutte le sue carte proponendo alla redazione di organizzare un referendum per votare «sì» o «no» a un pacchetto unico che comprende: piano editoriale, piano di mediazione del direttore con lazienda, e fiducia. Una formula irrituale con la quale De Bortoli, che nel presentare la sua idea si è proprio fatto forte delle posizioni critiche del quotidiano contro alcuni grandi azionisti, a supporto della propria autonomia, punta a ottenere un mandato straordinariamente forte per trattare con lazienda il futuro del quotidiano e dellon-line. In caso di sì, il direttore diventerebbe un tuttuno con la redazione nel rapporto con lazienda; in caso di no, si dimetterebbe.
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