Varney, se il vampiro dona sangue e cultura

La sua saga in punta di canini uscì a puntate a Londra fra 1845 e ’47. E servì soprattutto ad alfabetizzare cameriere, commessi e operai. Le avventure del "sir" dal morso facile furono elaborate da un collettivo di autori

Varney, se il vampiro dona sangue e cultura

C’era una volta uno strano vampiro che il sangue non lo succhiava, ma lo donava. Il suo nome era Varney e il plasma da lui generosamente elargito un penny a sacca, pardon a fascicolo era quello dell’alfabetizzazione, se non proprio della cultura. Varney apparve a Londra nel 1845 e per ben due anni le cameriere, i commessi, gli operai si abbeverarono alle sue avventure, imparando così a leggere qualcosa di ben più corposo e strutturato della lista della spesa preparata dalla padrona o del volantino pubblicitario raccolto da terra. Per the mob, cioè la plebe urbana dell’Inghilterra vittoriana, quel signore allampanato e malinconico, più decadente che romantico, svolgeva la stessa funzione che svolgono ai nostri giorni, presso torme di ragazzini/e schiavizzati da jeans a vita bassa e pagine Facebook, i romanzetti di Stephenie Meyer: instillare il piacere della letteratura, nella speranza che, una volta «svezzato», il pupo possa essere invogliato a... erudirsi da solo, passando, per esempio, a Flaubert o Dostoevskij.

Titolari del «marchio» Varney sono considerati due poligrafi tuttofare: Thomas Peckett (o Preskett) Prest e, soprattutto, Malcolm Rymer. Ma (ed ecco un ulteriore elemento di modernità della saga ottocentesca) tutto lascia supporre che dietro i loro nomi si celasse un composito gruppo di lavoro, un collettivo di scrittori sul tipo dell’attuale Wu Ming. Comunque, l’operazione ebbe grande successo, tanto che nel 1847 (l’anno di nascita di Bram Stoker, creatore del vampiro per eccellenza, Dracula...) Varney the Vampire fu promosso a opera rilegata in tre volumi - triple decker - dall’editore Edward Lloyd, compiendo così il grande salto dalle strade alle librerie. Ora, non è per vantarci se diciamo che due giorni fa un nostro collega, vedendoci fra le mani il primo tomo dedicato al redivivo Sir dai canini prominenti proposto adesso integralmente per la prima volta in Italia da Gargoyle (pagg. 540, euro 16, traduzione di Chiara Vatteroni), osservava: «Ah, interessante... lo sta leggendo anche mia figlia». Piuttosto, lodi alla signorinetta e alla sua curiosità filologica.

Introdotto da un grosso calibro in materia di letteratura inglese del XIX secolo, Carlo Pagetti, Varney il vampiro. Il banchetto di sangue verrà seguito, in luglio, dalla seconda parte dal titolo L’inafferrabile, e poi dalla terza, All’ombra del Vesuvio. Pagetti ne sottolinea giustamente l’«intrico di generi narrativi: il racconto di viaggio, il romanzo sentimentale, la storia di fantasmi, la farsa campagnola , lo sketch urbano alla Dickens, perfino, verso la conclusione dell’opera, quando fanno la loro fuggevole comparsa prima Cromwell, poi Charles II e il libertino conte Rochester, il romanzo storico». Del resto il filo rosso che lega tutto ha il colore del sangue e il sangue deve correre su e giù per portare la vita...

Di vita, nella residenza dei Bannerworth, ce n’è in abbondanza, fra la depressa signora, vedova del dissoluto Marmaduke, i suoi impulsivi figli maschi Henry e George, la deliziosa figlia Flora, l’ambiguo amico di famiglia Marchdale e servitù assortita. Nella piccola comunità entrano poi Charles Holland, castissimo e fedelissimo fidanzato di Flora, lo scettico dottor Chillingworth, l’anziano e burbero ammiraglio Bell, zio di Charles, e il suo sbalestrato aiutante Jack Pringle... Chi non dovrebbe entrarvi, e soprattutto non dovrebbe farlo azzannando il collo di miss Flora come fosse una bistecca cotta a puntino, dando inizio alla sarabanda di colpi di scena, inseguimenti, colluttazioni, lettere misteriose e doppi giochi, è ovviamente lui, Sir Francis Varney, il vicino di casa che nessuno vorrebbe avere. Non propriamente l’ospite da invitare a cena, visto che oltre tutto, facendo leva sulla situazione economica tutt’altro che florida dei Bannerworth, quel satanasso propone un’offerta pubblica di acquisto decisamente ostile sulla loro casa.

Ma perché Varney è così ingolosito dalla dimora altrui? Uno sguardo alla stanza dove dorme l’appetitosa Flora prima di essere svegliata dalla tempesta, ci può aiutare: «C’è un solo ritratto, benché le pareti sembrino rivestite di pannelli di legno con l’espresso proposito di ospitare una serie di dipinti. Raffigura un giovane dal volto pallido, con la fronte maestosa e una strana espressione negli occhi... occhi che nessuno vuole guardare due volte».

C’è da stupirsi se quel giovane, ovvero Sir Runnagate Bannerworth, «un antenato che fu il primo, con i suoi vizi, a provocare un ingente attentato alla prosperità della famiglia», come dice Henry, è la copia esatta dell’indesiderato ospite notturno che tutti, loro malgrado, impareranno presto a conoscere? Certo che no. Quanto agli altri pannelli di cui sopra, le storie vampiriche post-Varney li hanno quasi occupati tutti.

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