Vasi e statue, la scoperta dell’America

Circa duecento reperti delle civiltà andina, azteca e amazzonica

Francesca Amé

L'interesse per le culture indigene americane continua a crescere: lo dimostra la scelta, in una sede importante come la sala della Balla del Castello, di allestire un'esposizione dedicata alla «prima America del Sud». «IndoAmerica. Archeologia ed etnografia del Sud America» (sino al 29 gennaio 2007, ingresso libero) è un omaggio a tre grandi culture preispaniche: quella andina, quella messicana e quella amazzonica. Con circa 200 oggetti esposti, la mostra si apre con la collezione andina, concentrata sui tessuti, la terracotta, gli oggetti in legno e in metallo: tra i pezzi più significativi, figurano le conchiglie che accompagnavano il defunto come ornamenti funerari. La sezione dell'area mesoamericana si sofferma sulle suppellettili di terracotta che gli indigeni messicani veneravano in casa come numi tutelari mentre l'ultima parte dell'esposizione è dedicata alla cultura amazzonica, di cui spiccano le terrecotte create dalla popolazione degli Asurinì, che nella decorazione ricordano agli spettatori contemporanei i moderni tribali. Con motivi geometrici molto articolati, riproducono sull'oggetto le pitture con cui i guerrieri adornavano il proprio corpo.
Il materiale - che comprende pezzi per la prima volta esposti al pubblico - è patrimonio delle raccolte extraeuropee del Castello: si tratta di oltre 1.500 oggetti provenienti da tutti i continenti, approdati a Milano grazie a generosi lasciti di collezionisti e al coraggio di alcuni esploratori. Sul fronte delle culture indigene americane, bisogna citare due nomi su tutti: il medico Aldo Lo Curto, «etnografo per caso» il cui contatto con le popolazione dell'Amazzonia fu fondamentale per il recupero di oggetti rituali, e l'esploratore milanese Antonio Raimondi, che fu tra i primi a promuovere sul finire dell'Ottocento spedizioni archeologiche caratterizzate da rigore scientifico. Proprio dal primo nucleo di reperti che Raimondi regalò alla sua città nascono le attuali raccolte extraeuropee del Castello.
«Inauguriamo il primo ciclo di mostre semipermanenti che permetteranno ai visitatori di apprezzare parte della nostra ricca collezione - ha detto il conservatore Carolina Orsini -. Abbiamo aperto con la cultura indoamericana e continueremo con l'Africa attraverso esibizioni della durata di circa un anno, in attesa di uno spazio tutto per noi». Il luogo ambito, facile da immaginare, è la futura Città delle culture, il grande polo museale che sorgerà nell'area che fu dell'Ansaldo.
Per rimanere in tema di culture indigene americane, alla galleria Nader spetta il compito di presentare l'arte dei nativi dell'Arizona e del New Mexico (ne parla l’articolo sotto), mentre per chi è disposto a fare qualche chilometro in più è imperdibile il museo Caffi di Bergamo.

Giacomo Beltrami, stravagante bergamasco, nel 1823 si ostinò a varcare l'Oceano per trovare le sorgenti del Mississippi (fece 6mila chilometri in 11 mesi). Da quell'avventura trasse un diario e alcuni splendidi manufatti Navajo che oggi sono ben raccolti nel museo della città orobica.

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