Il Vaticano nel ’45 voleva una Spagna senza Franco

Il Papa sapeva che c’erano molti cattolici anti-franchisti, ma temeva la reazione del dittatore

Il Vaticano nel ’45 voleva una Spagna senza Franco

La Santa Sede, durante l’ultimo scorcio della Seconda guerra mondiale, era favorevole a un mutamento in senso democratico del regime spagnolo e auspicava una «trasformazione radicale» del governo guidato dal dittatore Francisco Franco. È quanto emerge da alcuni documenti inediti dell’OSS (Office of Strategic Services) - il servizio segreto americano «progenitore» della Cia - datati tra la fine del 1944 e l’inizio del 1945 e scoperti dal professor Matteo Luigi Napolitano, docente di Storia delle relazioni internazionali alla facoltà di Scienze politiche dell’università di Urbino.
Verso la fine del ’44, Franco aveva chiesto al Vaticano di istruire il clero e l’episcopato spagnolo (con cui i rapporti erano stati a volte anche abbastanza tesi) in senso favorevole al suo regime e, come dice un documento dei servizi segreti americani, «contro la democratizzazione e la bolscevizzazione» della Spagna. I governi democratici, e in particolare quello inglese, erano ansiosi di conoscere quale fosse la posizione di Pio XII al riguardo. La Santa Sede impartì istruzioni in proposito al delegato apostolico a Londra, monsignor William Godfrey, affinché spiegasse a quel governo che «la Chiesa guardava a questa faccenda come a qualcosa che riguardava solo il popolo spagnolo e che avrebbe mantenuto una politica distaccata (aloofness)». Nessuna preclusione poi per un eventuale nuovo regime spagnolo, poiché «la Chiesa avrebbe detto al clero di opporsi soltanto a un regime che avesse contrastato il mantenimento delle attuali relazioni tra Chiesa e Stato in Spagna», come si legge nel Dispaccio n. 441, spedito dalla stazione dell’OSS di Caserta alla centrale di Washington il 28 dicembre 1944.
Un altro documento segreto attesta che di queste vicende fu tenuto al corrente anche Angelo Giuseppe Roncalli, il futuro Giovanni XXIII, alla vigilia della sua partenza per Parigi come nunzio apostolico. Nel dispaccio riferiva in particolare che la Santa Sede non desiderava far piombare la Spagna «in una situazione simile a quella che aveva portato al disfacimento della repubblica e all’instaurazione di un regime totalitario, che ora è considerato “assolutamente inaccettabile”, in vista del generale movimento europeo verso forme di governo democratiche». Ma questa transizione non doveva certo avvenire rischiando di gettare la Spagna in una nuova guerra civile. Insospettivano, in quei mesi, alcune presunte «macchinazioni» del ministro degli Esteri francese, Georges Bidault, che si diceva stesse «brigando» per instaurare una repubblica «social-comunista» in Spagna e per deporre Franco. Monsignor Roncalli, parlando con l’ambasciatore spagnolo in Vaticano, concordò proprio sulla necessità di sventare tali progetti, dato che avrebbero potuto portare alla guerra civile e a nuovi spargimenti di sangue. Dai documenti emerge che nel suo muoversi a Parigi il futuro “Papa Buono” godeva della piena fiducia non solo della Santa Sede ma anche dell’Inghilterra. «I circoli vaticani - proseguiva l’informatore dei servizi americani - ritengono che il Governo spagnolo debba intraprendere una trasformazione radicale, e viene ritenuta possibile la formazione di un nuovo governo provvisorio con l’adesione di elementi repubblicani» (Dispaccio segreto 8 gennaio 1945, n. 502).
«Gli auspici del Vaticano - ha detto al Giornale il professor Napolitano - si spiegano innanzitutto alla luce dei radiomessaggi di Papa Pacelli, attraverso i quali il Pontefice, ancora in tempo di guerra, aveva prefigurato il futuro dell’Europa democratica. E poi con il fatto che numerosi erano i cattolici anti-franchisti, e molti i preti che chiedevano al Papa di abbandonare apertamente Franco, anche se altri settori della Chiesa temevano di dar così la stura a una nuova e cruenta rivoluzione spagnola». In un altro documento si legge che «una larga parte dell’alto clero più i gesuiti sta lavorando strenuamente per convincere l’opinione pubblica del fatto che un mutamento di regime danneggerebbe le tradizioni cattoliche e cristiane in Spagna» (Dispaccio segreto 12 gennaio 1945, n. 538).
Quale fosse l’atteggiamento di Pio XII, lo si deduce da un’altra notizia, circolata all’inizio di febbraio del 1945, secondo la quale su ordine di Papa Pacelli, il padre Generale dei gesuiti Norberto de Boynes avrebbe inviato una circolare segreta a tutti i superiori dei collegi gesuitici d’Italia, Spagna, Portogallo e Sud America (ad eccezione del Messico). L’ordine, riferisce l’informatore dei servizi segreti americani, è quello «di astenersi dal commettere qualsivoglia azione che possa anche superficialmente sembrare di avere carattere politico, e di astenersi dall’esprimere qualsiasi opinione politica in ogni Paese, incluso quello in cui si viva o si sia nati, e di vivere il più anonimamente possibile» (Dispaccio segreto 13 febbraio 1945, n. 819).
«Alla fine della guerra, dunque - conclude Napolitano - il Vaticano vedeva di buon occhio una democratizzazione della Spagna. Le informazioni contenute in questi dispacci dell’OSS, circa i dubbi del Vaticano sul mantenimento del regime di Franco, trovano conferma anche nei documenti degli archivi britannici. Le esigenze della guerra fredda, e in particolare il destino riservato all’Europa orientale sempre più nell’orbita sovietica, porteranno la Santa Sede e le stesse democrazie occidentali a scelte diverse. Il regime di Franco sopravviverà perché ritenuto un baluardo contro il bolscevismo.

E saranno anche superati quelli che il biografo del dittatore spagnolo, Paul Preston, ha chiamato i “dubbi della Santa Sede sulla stabilità e sull’accettabilità internazionale della dittatura di Franco”, facendo sì che il Vaticano firmi con la Spagna un concordato alla fine dell’agosto 1953».

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