Vaticano

"Volevano tagliarmi la testa". Papa Francesco choc sul caso Jalics

Francesco ha ricordato l'accusa di collaborazionismo con il regime militare argentino che fu fatta circolare contro di lui nel Conclave del 2005. A tal proposito ha accusato alcuni ex ministri argentini di utilizzarla per delegittimarlo

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Gli incontri del Papa con i gesuiti locali nel corso dei viaggi apostolici sono ormai diventati un'abitudine e la pubblicazione dei colloqui a qualche settimana di distanza dà sempre molte notizie. È successo anche in Ungheria dove sabato 29 aprile, al termine della sua seconda giornata a Budapest, Francesco ha parlato con i membri della Compagnia di Gesù del Paese magiaro. Nell'occasione, Bergoglio ha affrontato anche alcuni capitoli poco conosciuti del suo passato, precedente all'elezione sul soglio pontificio.

Le accuse di collaborazionismo

Prima di diventare Papa e ancor prima di diventare arcivescovo di Buenos Aires, Jorge Mario Bergoglio fu provinciale dei gesuiti in Argentina dal 1973 al 1980. In questa veste vive gli anni della dittatura di Jorge Rafael Videla. Un periodo non facile che successivamente è all'origine di una grave accusa contro il futuro Pontefice, quella di aver consegnato al regime i due gesuiti dissidenti Orlando Yorio e Francisco Jalics che nel 1976 erano stati sequestrati e torturati per mesi. L'accusa di collaborazionismo è portata avanti da anni dal giornalista argentino Horacio Verbitsky ma smentita da una delle due vittime, padre Jalics. Proprio quest'ultimo è stato al centro di una delle domande rivolte al Papa a Budapest. Francesco non si è tirato indietro ed ha raccontato che dopo il suo rilascio, incontrò Jalics al quale consigliò di "andare da sua madre negli Stati Uniti" perché "la situazione era davvero troppo confusa e incerta" confermando che dopo "si è sviluppata la leggenda che sarei stato io a consegnarli perché fossero imprigionati". Una leggenda ripresa nei giorni del Conclave del 2005 in cui Bergoglio fu il secondo più votato dopo Joseph Ratzinger.

Il piano argentino contro Bergoglio

Anche dopo l'elezione al soglio pontificio, Francesco ebbe modo di incontrare Jalics ma percepì in lui una certa prudenza ("soffriva perché non sapeva come parlarmi", ha detto il Papa) facendogli maturare la convinzione che "le ferite di quegli anni passati sono rimaste sia in me sia in lui, perché entrambi abbiamo vissuto quella persecuzione". Bergoglio ha svelato ai gesuiti ungheresi di essere finito nel mirino nella commissione d'inchiesta sugli anni del regime. "Alcuni del governo volevano 'tagliarmi la testa', e hanno tirato fuori non tanto questo problema di Jálics, ma hanno messo in questione proprio tutto il mio modo di agire durante la dittatura", ha affermato Bergoglio riferendosi all'interrogatorio che subì nel 2010 - quando alla Casa Rosada c'era Cristina Fernandez de Kirchner - e che ha lasciato strascichi. Bergoglio ha infatti detto che "uno dei giudici era molto insistente sul mio modo di comportarmi", contestando l'operato di chi lo interrogò e osservando che "l’unica domanda seria, con fondamento, ben fatta, è venuta dall’avvocato che apparteneva al partito comunista". Il Papa apprezzò a tal punto quella domanda da attribuirle il merito se "le cose si sono chiarite" e "fu accertata la mia innocenza". Il Papa ha anche rivelato che a Roma ha avuto modo di incontrare di nuovo due degli inquirenti che lo interrogarono nel 2010. Per avere un quadro della vicenda, Francesco ha detto che la Conferenza episcopale argentina ha pubblicato due volumi che trattano dei documenti relativi agli anni del regime e al rapporto con la Chiesa locale.

Il mancato viaggio in Argentina

A più di dieci anni dalla sua elezione e con numerosi viaggi apostolici alle spalle, Francesco non ha ancora visitato la sua terra. Gli anni da provinciale dei gesuiti locali non furono facili al punto da spingere l'allora padre Bergoglio a rivolgersi ad uno psicanalista, come ha raccontato in un'intervista al sociologo francese Dominique Wolton.

Ai gesuiti ungheresi Francesco ha confidato la sua convinzione che dietro la leggenda nera del suo presunto collaborazionismo col regime di Videla ci fossero "alcuni del governo" che volevano "tagliar(gli) la testa". É una rivelazione che spiega anche la sua volontà a non visitare l'Argentina?

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