Fumata bianca

Da Pio XII ad Hamas: lo strappo tra Israele e Vaticano

L'ambasciata israeliana attacca la nota del patriarca di Gerusalemme sul 7 ottobre, rievocando le carte di Pacelli. Parolin costretto a correre ai ripari

Da Pio XII ad Hamas: lo strappo tra Israele e Vaticano
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Nella settimana successiva agli attacchi terroristici di Hamas i rapporti israelo-vaticani hanno raggiunto livelli di tensione che da tempo non si vedevano, al punto da indurre il cardinale segretario di Stato a scendere in campo personalmente con un'intervista su L'Osservatore Romano e con una visita alla sede dell'ambasciata israeliana presso la Santa Sede. Una decisione presa dopo aver letto il durissimo comunicato che l'ambasciata ha emanato per biasimare la nota dei patriarchi e i capi delle Chiese di Gerusalemme sul sabato di sangue, giudicata troppo "deludente e frustrante" per la sua "ambiguità linguistica".

La reazione israeliana

A seguito degli attacchi dei terroristi di Hamas ai danni dei civili israeliani, anche il Patriarcato latino di Gerusalemme ha emesso un testo dal titolo "dichiarazione dell'HoC sulla pace e la giustizia in mezzo alle violenze in atto" in cui era scritto che "la nostra fede, che è fondata sugli insegnamenti di Gesù Cristo, ci obbliga a sostenere la cessazione di tutte le attività violente e militari che arrecano danno ai civili sia palestinesi che israeliani".

Troppo poco per l'ambasciata d'Israele presso la Santa Sede che a quel punto ha reagito con il comunicato già citato dove, inoltre, parlando della dichiarazione dei patriarchi si è voluto sottolineare che dalla "sua lettura non si riesce a capire cosa sia successo, chi fossero gli aggressori e chi le vittime. È particolarmente incredibile che un documento così arido sia stato firmato da persone di fede". Una condanna, dunque, della presa di posizione presa dal patriarca Pierbattista Pizzaballa che solamente pochi giorni prima aveva incontrato l'ambasciatore Raphael Schutz a Roma in occasione della sua prima messa Santa Maria Maggiore da cardinale. Nei giorni successivi il cardinal Pizzaballa ha chiarito che la sua condanna per le atrocità commesse dai terroristi di Hamas è "senza se e senza ma". Pur spegnendo le polemiche il patriarca non ha rinunciato a commentare la nota dell'ambasciata israeliana, giudicandola "eccessiva nei toni e nei contenuti" .

Tensioni preesistenti

Il passaggio più duro della nota dell'ambasciata israeliana, però, è quello finale e sembra più rivolto alla Santa Sede che al patriarcato latino di Gerusalemme. Parlando di un convegno sui nuovi documenti del pontificato di Pio XII organizzato all'Università Gregoriana, l'ambasciata ha chiosato: "A quanto pare, qualche decennio dopo, c'è chi non ha ancora imparato la lezione del recente passato oscuro". Di recente l'archivista Giovanni Coco, lavorando su quelle carte, ha scoperto una lettera del 14 dicembre 1942 in cui il gesuita tedesco anti-hitleriano Lothar Konig avrebbe informato il segretario di Pacelli dell'esistenza di un forno crematorio nazista a Belzec e avrebbe menzionato anche il campo di Auschwitz. Questo ritrovamento è stato presentato come la conferma dei silenzi di Pio XII sulla più grande tragedia del ventesimo secolo.

Il precedente

La nota dell'ambasciata israeliana presso la Santa Sede dopo gli attacchi di Hamas ha riportato le relazioni israelo-vaticane ad un livello di tensioni che non si vedeva da tempo. C'è un precedente rilevante e riguarda sempre la figura di Pio XII. In diverse occasioni, il cardinale José Saraiva Martins ha raccontato della contrarietà dell'ambasciata israeliana presso la Santa Sede alla causa di beatificazione di Pio XII di cui sarebbe stato testimone da prefetto della congregazione per le cause dei santi. Una contrarietà esplicitata dall'allora ambasciatore quando circolò su una rivista di cronaca ecclesiale l'indiscrezione di un imminente beatificazione dell'ultimo Papa romano. La successiva apertura degli archivi vaticani sul pontificato pacelliano e la scoperta di Coco sembrano aver aggiunto elementi in grado di rafforzare quella contrarietà.

La mossa di Parolin

La protesta formale dell'ambasciata per la nota del patriarcato latino di Gerusalemme ha convinto la Segreteria di Stato a prendere una posizione più netta su quanto sta accadendo in Terra Santa. Nell'intervista a L'Osservatore Romano, il cardinale Parolin ha voluto menzionare il gruppo terrorista responsabile delle atrocità del 7 ottobre: "L'attacco terroristico compiuto da Hamas (...) è disumano", ha detto il porporato veneto. Parolin poi ha espresso l'"ansia" della Santa Sede per gli israeliani rapiti e tenuti in ostaggio a Gaza.

La posizione ufficiale sulla questione israelo-palestinese resta quella dei"due Stati", ma Parolin riconosce la "legittima difesa" di Israele precisando però che nel suo esercizio sarebbe "giusto" che "non metta in pericolo i civili palestinesi a Gaza". Oltre all'intervista, anche la visita all'ambasciatore Raphael Schutz. Il filo diretto tra la Segreteria di Stato ed Israele era già caldo prima degli attacchi del 7 ottobre: la necessità di chiarire alcuni episodi di intolleranza ai danni di fedeli cristiani in Terra Santa per mano di pochi estremisti religiosi aveva portato ad una telefonata tra il ministro degli Esteri israeliano Eli Cohen e monsignor Paul Richard Gallagher, segretario per i rapporti con gli Stati e le organizzazioni internazionali.

Nella telefonata, avvenuta proprio il giorno prima degli attacchi, il ministro Cohen aveva condannato gli incidenti contro i cristiani e ribadito la volontà d'Israele di difendere la libertà di religione e la libertà di culto. Monsignor Gallagher, peraltro, è atteso in Israele proprio per il mese prossimo per una visita ufficiale che vedrà con ogni probabilità la crisi attuale al centro dell'agenda. Intanto, muovendosi in proprio ed anche in anticipo rispetto alla Santa Sede, il cardinale Sean Patrick O'Malley, arcivescovo di Boston, ha voluto rilasciare una dichiarazione di condanna delle azioni criminali di Hamas molto netta, biasimando ogni ambiguità o incertezza. "Questo atto di aggressione - ha scritto il cardinale statunitense - richiede una chiara condanna in termini umani, morali e legali. Sia lo scopo dell’attacco che i suoi metodi barbari sono privi di giustificazione morale o legale. Non c’è spazio per ambiguità morali su questo tema".

Una presa di posizione apprezzata dall'ambasciata israeliana presso la Santa Sede.

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