Vattimo passa da Tonino agli ayatollah

L’ultima capriola del filosofo del pensiero debole, approdato all’Idv dopo aver attraversato tutta la sinistra: insulta l’Unesco, l’America, Israele e corre a Teheran per celebrare il regime che reprime le minoranze e impicca gli omosessuali come lui

Vattimo passa da Tonino agli ayatollah

Fa di testa sua e offre una stampella al regime di Teheran. Gianni Vattimo, peso massimo del pensiero e acrobata della politica, compie l’ennesima giravolta. L’Unesco decide di boicottare la giornata della filosofia ospitata con una buona dose di faccia tosta dagli ayatollah iraniani. Molte teste pensanti scelgono di non andare a Teheran, e lui invece si precipita nella capitale, facendosi precedere da dichiarazioni durissime: «L’imbarazzo dell’Unesco è l’eco delle pressioni della Cia e del colonialismo sfrontato di Israele».

Vattimo è fatto così: ha studiato con mostri sacri come Hans-Georg Gadamer e Luigi Pareyson, è considerato un’autorità mondiale nel campo degli studi filosofici e il suo pensiero debole è stato esportato in tutto il mondo, come uno dei più apprezzati prodotti del «made in Italy» a livello intellettuale. Su un piano più pragmatico, quello del teatrino dei partiti e dei loro leader, la sua inquieta avventura è segnata dalla precarietà. Fissa un paletto e subito trasloca altrove: Vattimo è stato a suo tempo militante del partito Radicale, e membro del «Fuori!», il primo movimento gay organizzato nel nostro Paese. Poi è venuta la stagione nei Ds, seguita da una puntuale delusione e da un ulteriore spostamento in direzione dei Comunisti italiani di Oliviero Diliberto. Ma anche questo approdo si è rivelato provvisorio e Vattimo ha fatto nuovamente le valigie, trovando riparo, come eurodeputato, nell’Italia dei valori. Come lui, filosofo di altissime letture, sia rimasto incantato dal corpo a corpo con la lingua italiana di Antonio Di Pietro, resta un affascinante mistero.

Vattimo è spiazzante per natura e a volte si ha l’impressione che dribbli anche se stesso. Ora ha deciso di smarcarsi anche da molti autorevoli colleghi. Il direttore del’Unesco Irina Bukova ha tolto il patrocinio alla manifestazione e organizza una giornata di studi alternativa a Parigi. Con lei l’irano-canadese Ramin Jahanbegloo e Bernard-Henry Levy. Jahanbegloo, oppositore del governo iraniano, è rimasto chiuso quattro mesi nel carcere di Evin. Dunque, il boicottaggio è quasi una risposta in presa diretta agli ayatollah che schiacciano chi dissente e non accettano il pensiero libero. Ma per Vattimo questi, evidentemente, sono dettagli trascurabili. Lui scavalca tutti con un ragionamento che persino a sinistra faticherebbero a seguire: «Riconosco nel cosiddetto imbarazzo dell’Unesco di fronte a una giornata di filosofia in Iran nulla più che la eco delle pressioni della Cia e del colonialismo sfrontato di Israele che mentre stigmatizza il presidente iraniano, Mahmoud Ahmadinejad, vuole impedire ai filosofi di tutto il mondo di incontrarsi a Teheran con i colleghi iraniani».

A Teheran, dunque. «Chi difende e commenta enfaticamente la decisione dell’Unesco di ritirarsi da Teheran - prosegue Vattimo - è il cosiddetto filosofo Bernard-Henry Levy, apologeta a tutti i costi anche delle più criminali decisioni dello stato di Israele». Bernard-Henry Levy, francese di origine ebraica, è il capofila dei Nuovi Filosofi insieme ad André Glucksmann. Ed è un implacabile accusatore degli ayatollah come di Vladimir Putin. Tutto il contrario di Vattimo.

A maggio, in vista del Salone del libro, Vattimo firma un appello per boicottare Israele, invitato come ospite d’onore a Torino. E scrive parole durissime «contro uno Stato che celebra i suoi sessant’anni di vita festeggiando l’anniversario con il blocco di Gaza, la riduzione dei palestinesi in una miriade di zone isolate le une dalle altre, una politica di continua espansione delle colonie che può solo comprendersi come un vero e proprio processo di pulizia etnica».
Dunque, Vattimo sta col regime che reprime le minoranze, impicca ad una gru gli omosessuali come Vattimo, promette di far sparire Israele dalle carte geografiche, condanna alla lapidazione Sakineh. Teheran, intanto, va su tutte le furie per le assenze illustri e secondo copione accusa i «sionisti» di «tentare di sabotare» il meeting.

Vattimo evidentemente condivide queste contorsioni propagandistiche e mette a posto la coscienza scaricando tutte le colpe sull’Occidente democratico: «L’universalismo delle filosofie, anche di quelle che si affermano al di fuori della tradizione europea, è uno dei danni collaterali prodotti dall’imperialismo occidentale».

Insomma, sarà pure debole ma il pensiero di Vattimo è politicamente audace e assai semplicistico. Chissà che cosa ne pensa Antonio Di Pietro che frequenta poco i temi internazionali ma l’acrobatico filosofo ce l’ha in casa.

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