«La satira che non dileggia che satira è?» chiede subito Vauro Senesi, comunemente noto come Vauro, vignettista del manifesto e collaboratore televisivo di Michele Santoro, non appena gli comunichiamo della sentenza della Cassazione che condanna il suo collega Giorgio Forattini. «Premesso che non condivido la presupposta tesi di Forattini, e che non la penso come lui, faccio notare che la satira nella forma della vignetta non fornisce mai uninterpretazione univoca, ma libera. È nella sua natura: cerca di arrivare direttamente alle viscere del lettore. Perciò trovo grottesco querelare i satirici e i comici. La mia solidarietà a Forattini è dunque scontata. E pur precisando che sono amico di Giancarlo Caselli, gli vorrei dire che se una volta si parlava di compagni che sbagliavano in questo caso direi amici che sbagliano. Vorrei che potesse ritirarla, la querela».
Non può, oramai la sentenza è passata in giudicato, tre gradi di giudizio e buonanotte. Chiediamo a Vauro quali condanne abbia ricevuto lui. «Tre mesi con la condizionale per oltraggio alla religione». I risarcimenti pecuniari però finora li ha scampati. «Sono vicende tristi», conclude il vignettista toscano. «La satira è un gioco. Può essere pesante, naturalmente non condivisibile, ma vederla ridotta alla verbosità arida di una sentenza non fa mai piacere».
Sul linguaggio farraginoso delle sentenze ride anche Lorenzo Beccati, autore del programma televisivo satirico Striscia la notizia e voce del Gabibbo. «Sto dalla parte di Giorgio Forattini.
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