La vedova di Battisti: «Non trasmettete quel brano di Lucio cantato da Ron»

Poche parole. E una richiesta chiara: quella canzone inedita non s’ha da mandare in onda. La vedova di Lucio Battisti ha chiesto alla Rai di non trasmettere (giovedì prossimo in seconda serata su Raiuno) lo spezzone del Premio Mogol durante il quale un commosso Ron interpreta un brano scritto proprio da Mogol su musica di Lucio Battisti, Il paradiso non è qui (di cui il Giornale ha anticipato il testo mercoledì scorso). Una canzone, mai registrata alla Siae, che il pubblico del Teatro Romano di Aosta (dove martedì scorso Fabrizio Frizzi ha consegnato il Premio Mogol, istituito nel 2008 dalla Regione Val d’Aosta) ha ascoltato realmente con un fremito di emozione. In silenzio. Ma forse gli spettatori di Raiuno no, loro non l’ascolteranno. Va bene tutto, ma non quella canzone lì, perché la signora Grazia Letizia Veronese, vedova ed erede di Battisti, non è d’accordo. E adesso alla Rai tocca affrontare una vecchia questione che alla maggior parte del pubblico sembra ormai incomprensibile: la volontà di silenzio intorno a uno degli interpreti più importanti della cultura popolare italiana. Insomma, deve decidere se mandare in onda il brano.
Il capostruttura di Raiuno Michele Bovi, un signore gentilissimo che in materia ha una cultura da far invidia a chiunque, riassume così: «La canzone e l’interpretazione di Ron sono bellissime, ma per legge dobbiamo attenerci alla volontà degli eredi di Battisti. Se dalla famiglia non arriverà l’autorizzazione a mandarla in onda taglieremo la parte in cui Ron canta Il paradiso non è qui». In poche parole, difficilmente sarà trasmessa. Ed è un peccato. Il brano, che non mostra di avere oltre trent’anni, avrebbe dovuto essere inserito nella scaletta de Una giornata uggiosa, pubblicato a febbraio del 1980. «Lucio – ha spiegato l’altro giorno Mogol - disse che c’erano già troppe canzoni e che avrebbe pubblicato Il paradiso non è qui nell’album successivo. Ma la nostra collaborazione si interruppe e di quella canzone non abbiamo mai più parlato». Da allora, il buio. E dire che in un’epoca di migrazioni epocali come questa, le parole di quel brano sono di clamorosa attualità. E commoventi. Nel provino che si può ascoltare su YouTube, anche Lucio Battisti si emozionò cantando la dolorosa disillusione di un emigrante italiano in un Paese di lingua inglese che si accorge di aver perso tutto – tradizione, famiglia, abitudini – e implora l’amata di scrivergli almeno una lettera.
«Non capisco - insiste Mogol - questa idea di soffocare una canzone. Quello che vorrei comprendere è semplicemente il perché.

Vuole ledere \ gli interessi di chi? Vuole disconoscere la canzone? Quindi si può considerare una canzone di anonimo? Allora nulla vieta di cantarla! Ho già deciso che se mai sarà possibile pubblicarla devolverò tutti i proventi a due associazioni benefiche. Se la signora Battisti accetta regaliamo una canzone meravigliosa agli italiani». E a esser contente sarebbero almeno quattro generazioni cresciute con quella voce lì (e quelle parole). Mica poco.

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