Catania - "I miei sentimenti nei confronti di chi ha ucciso mio marito non sono cambiati: non c'é perdono. Mi piacerebbe un domani poterlo dire se vedessi del pentimento da parte degli assassini, ma questo fino ad oggi non è avvenuto e io non riesco assolutamente a perdonare". Parola dure qulle di Marisa Grasso, vedova dell'ispettore Filippo Raciti, svelando, a un anno esatto dalla sua morte, nel giorno della memoria di quella terribile giornata allo stadio, una statua allo stadio Massimino che ricorda la tragedia del 2 febbraio 2007.
"Il sacrificio di mio marito - ha aggiunto Marisa Grasso - é servito a fare aprire gli occhi, a fare riflettere. E' un anno che giro scuole e parlo con i ragazzi e vedo che c'é tanta sensibilità. Quindi vedo che il sacrificio di Filippo sta servendo e deve continuare a servire per aiutarci tutti a vivere in una società civile. Io però ancora non sono in condizioni di vedere una partita di calcio anche perché vedo che la violenza continua ad esserci anche se qualcosa sta cambiando". Marisa Grasso ha parlato anche del suo rapporto con Catania. "Questa città è come una famiglia - ha detto - l'ho sempre amata e da Catania ho ricevuto affetto e amore, ma mi ha dato anche dolore".
Manganelli: la sua morte ci ha aperto gli occhi "L'omicidio Raciti ci ha aperto gli occhi perché prima della sua morte sembrava non ci fossimo accorti del rapporto tra violenza e sport", ha detto il capo della Polizia, Antonio Manganelli, partecipando allo stadio Massimino ad una cerimonia in ricordo della morte dell'investigatore avvenuta il 2 febbraio del 2007 durante il derby di calcio Catania-Palermo. "Ucciso da mano criminale che ha dato sfogo a una furia assassina e una violenza inaudita". Il capo della Polizia ha parlato di "dimensione spregevole in cui la teppaglia è riuscita ad esprimersi" e di "violenza operata da facinorosi in cui si sono infiltrate anche frange della criminalità organizzata ed estremisti ideologici". "Abbraccio Catania e i catanesi che, dopo la famiglia Raciti, sono stati le vittime di questa violenza, penalizzati da un immaginario collettivo che ha fatto credere che il fenomeno interessasse soltanto questa città e che invece interessa tutto il Paese".
Una targa per i poliziotti morti Una targa in marmo che ricorda cinque poliziotti etnei morti in servizio è stata svelata dal capo della polizia Antonio Manganelli nell'ingresso della Questura di Catania. Nella targa si ricorda il sacrificio di Gerlando Falzone, morto il 5 dicembre del 1968, Salvatore Lanza, il 15 dicembre 1978, del commissario Giuseppe Montana e dell'ispettore capo Giovanni Lizzio, assassinati dalla mafia, rispettivamente, il 28 luglio del 1985 a Palermo e il 27 luglio del 1992 a Catania; e di Filippo Raciti, morto il 2 febbraio dello scorso anno allo stadio Massimino. Prima della cerimonia in Questura il capo della polizia ha assistito a una messa celebrata in cattedrale dal vescovo metropolita Salvatore Gristina per l'anniversario dell'uccisione dell'ispettore Raciti.
Poi ha partecipato, assieme al comandante generale della guardia di finanza, generale Cosimo D'Arrigo, all'intitolazione della caserma del nucleo di polizia tributaria di Catania alla medaglia d'oro a Salvatore Puleo.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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