Roma - E' un fiume in piena il leader del Pd. Si sente accerchiato per la questione morale. Le inchieste stanno mettendo in serio imbarazzo molte giunte di centrosinistra. L'ordine di scuderia è quello di resistere a oltranza, ma il voto in Abruzzo testimonia che è in corso una vera e propria emorragia di voti che dal Pd finiscono all'Italia dei valori, a incrementare l'astensione o direttamente dall'altra parte, al Pdl. Veltroni prova a lanciare un segnale chiaro e forte: "Al Paese dico che il Pd è un partito per bene".
Immagine distorta In questi giorni ne è stata data "un'immagine deformata e quindi ingiusta. I nostri amministratori sono persone perbene". Veltroni difende il suo partito travolto nelle ultime settimane da diverse vicende giudiziarie. Il segretario del Pd inizia la sua relazione e, dopo una breve introduzione, entra subito nel merito della cosiddetta 'questione morale', definendo quanto sta succedendo "un bollettino giudiziario che segna il Pd di opacità". Ma, scandisce, "non si può deformare o ingrandire qualcosa che non c’è".
Non c'è posto per i disonesti Lo ha ribadito in modo netto Veltroni: "Verremmo meno alle nostre responsabilità se pensassimo e ci comportassimo diversamente. Questo partito deve far parte della soluzione". Occorre "reprimere il malcostume politico - ha aggiunto Veltroni - anche se nell’immediato dovremo pagare in termini di consenso elettorale".
Intransigenti sul codice etico Quello che sta attraversando il Pd, ammonisce Veltroni, "è un passaggio critico e decisivo, c’è l’urgenza di recuperare la fiducia dei nostri elettori" perciò "dobbiamo applicare con intransigenza il codice etico che può essere rafforzato prevedendo la non candidabilità di persone che, pur non avendo compiuto atti penalmente rilevanti, rechino pregiudizio alla credibilità morale del partito".
Non accettiamo lezioni "Tutto si può accettare tranne lezioni che vengono da chi ha nelle proprie fila indagati per mafia. E voglio dirlo chiaramente, non possiamo accettare lezioni dal presidente del Consiglio che ha scelto di fronteggiare le sue vicende giudiziarie con una serie di legge ad personam".
Da soli? No, ma alleanze affidabili "Non abbiamo l’illusione di fare da soli - argomenta Veltroni - ma le alleanze devono essere affidabili sulla tenuta di governo. Non faremo mai più alleanze eterogenee e incapaci di governare - ha affermato il segretario del Pd -. Il Pd ha chiuso questa stagione e non vogliamo tornare indietro, le alleanze, le decideremo lungo il cammino, ma non dovranno essere mai più contro l’avversario, né dobbiamo avere nostalgia delle alleanze tra partiti di centro e di sinistra, perché considerano immutabile uno schema novecentesco e non hanno potenzialità innovative, né rispondono ad una autentica vocazione maggioritaria". Questo non significa "avere l’illusione di fare da soli - ha precisato Veltroni - ma dobbiamo fare alleanze per l’innovazione e il cambiamento, che siano affidabili sulla tenuta di governo. Il Pd deve avere una capacità espansiva e non delegare a nessuno questo compito".
Indietro non si torna Il Pd rappresenta la vera alternativa al centrodestra, per questo è oggetto di una "offensiva politica" e tutti devono aver chiaro che tornare ai partiti di origine "sarebbe un suicidio". Il segretario democratico conclude i lavori della direzione e avverte: "Noi possiamo perdere qualche punto percentuale nei sondaggi, ma siamo sempre un grande partito. L’alternativa a questo sarebbe il ritorno ai propri giocherelli, vorrebbe dire 'abbiamo provato a fare questa cosa qui, non ci siamo riusciti e ora torniamo alle case di partenza'. Questo per me sarebbe un suicidio".
D'Alema critico Massimo D’Alema parla con ironia tagliente del presunto correntismo all’interno del Pd e intervenendo alla direzione, sottolinea: "Il progetto del Pd si è appannato agli occhi di tanti, ma per ragioni più complesse rispetto al correntismo di cui ho sentito parlare perché le correnti in questo partito non ci sono. Noi siamo un amalgama mal riuscito". Insiste D’Alema: "Le correnti sono una forma di organizzazione discutibile, se ci fossero sarebbero almeno una forma di ordine, nel Pd non ci sono". La cosiddetta questione morale per il Pd non nasce dai provvedimenti giudiziari, ma dalla debolezza politica che sta colpendo il partito secondo D'Alema. "Le vicende giudiziarie diventano questione morale quando si associano alla crisi politica. Paradossalmente - ha proseguito - la destra ha a suo carico più vicende giudiziarie di noi, ma appare non colpita da una questione morale, questo perché ha risolto in modo cinico il rapporto con l’opinione pubblica". D’Alema ha quindi indicato quali sono le difficoltà politiche che indeboliscono il partito, vale a dire la mancata definizione del tema delle alleanze e la mancata costruzione di un "partito vero". Quindi sulla questione morale: "Di fronte alla disonestà - ha affermato - non c’è l’alternativa vecchio-nuovo, ma quella onesto-disonesto. Ci vuole un partito che vigili su se stesso e sui propri amministratori; un partito che sappia anche difenderli quando vanno difesi, ma che li colpisca anche al di là delle decisioni della magistratura quando si varca il confine della moralità".
Fassino: "Non inizia tutto un anno fa" Il Pd deve senz’altro "accelerare" il ricambio della sua classe dirigente, tenendo però presente che "gran parte dei trenta-quarantenni" che sono pronti ad assumere responsabilità di rilievo "non sono nati il 14 ottobre (del 2007, il giorno dell’elezione di Walter Veltroni a segretario, ndr)". "Il Pd ha una storia alle spalle - prosegue Fassino - quella dell’Ulivo, dei Ds e della Margherita".
Fassino, poi, avverte che il Pd deve diventare un vero e proprio partito strutturato e non essere solo una "somma di comitati elettorali" e invita tutti ad un atteggiamento più "autonomo": autonomia dai "soggetti economici e finanziari", dai media e dal "populismo", come quello di Di Pietro.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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