Claudia Passa
da Roma
In tempi di vacche magre (lo dice lui), Walter Veltroni si consola col suo vecchio amore, il cinema. Una consolazione costosa: il «Cinema Festa Internazionale di Roma», che aprirà i battenti a ottobre 2006 nellauditorium di Renzo Piano, costerà infatti al Campidoglio un milione di euro, e altrettanti alla Provincia di Roma e alla Regione Lazio, senza contare i lauti contributi della Camera di Commercio (due milioni e mezzo) e i proventi di sponsor e biglietti.
Lannuncio aveva suscitato polemiche, a causa di un «dettaglio» organizzativo non di poco conto: lambizioso festival romano (80 pellicole, 14 emergenti, 9 serate di gala) cadrà un mese dopo la Mostra di Venezia, costretta dopo 63 edizioni a guardarsi le spalle dallultima trovata del «sindaco-cineasta». A rilanciare la querelle è la Fondazione Magna Carta (presidente onorario Marcello Pera), che dal suo sito web ha invitato il ministro Buttiglione a «farsi sentire». Non solo per il danno che liniziativa rischia di arrecare allappuntamento lagunare (nonostante i rassicuranti duetti fra Veltroni e Massimo Cacciari), ma anche per la contraddizione tra lo «spettacolare» progetto capitolino e la miseria cui - secondo Veltroni - il governo avrebbe ridotto gli enti locali.
«Il terzetto (Veltroni, Gasbarra e Marrazzo, ndr) ha fatto del piangere miseria il suo stile di governo - si legge su Magna Carta -: cè traffico perché non ci sono i soldi per i vigili; cè la spazzatura per strada perché non ci sono i soldi per gli spazzini; gli ospedali non funzionano perché non ci sono i soldi per gli infermieri; le strade sono piene di buche perché non si sono i soldi per tapparli». Intanto, però, sul nuovo set romano sono già accesi i riflettori, e «il veltroniano presidente di Musica per Roma (musica, non cinema!) - denuncia Magna Carta - ha formato la sua squadra e annuncia trasferte in tutto il mondo per lanciare il nuovo appuntamento festivaliero». Tempi duri per Venezia: i film da contendersi «non sono infiniti», dunque «apparivano ridicoli i salamelecchi buonisti che Veltroni e Cacciari si scambiarono quando la pattuglia romana sbarcò - massimo dello sfregio - proprio al Festival di Venezia per lanciare la sfida». Per la Fondazione «è un frutto tipico del veltronismo che dilaga ormai anche in provincia e regione: molto chiasso, molte feste, molti lustrini e la vita vi sembrerà migliore».
La preoccupazione è forte. Il sottosegretario ai Beni Culturali, Nicola Bono, auspica «la promozione della nostra cinematografia» per cui «tutti i festival sono potenzialmente utili. Cè però un problema di uso corretto delle risorse - osserva -. Se lo spirito è concorrenziale, è una scelta infelice e il giudizio non può che essere negativo». Il collega Antonio Martusciello considera «legittima e positiva laspirazione di portare Roma al centro dellattenzione», ma trova «dispersivo rispetto alle opportunità farlo in periodi quasi sovrapposti. Auspichiamo che il festival romano sia completamente finanziato, e che non riproponga ciò che sè visto a Venezia un mese prima».
Pasquale Squitieri, orientato sul «modello-Biennale» di manifestazioni durature, ha paragonato liniziativa «alle costosissime manifestazioni di Bassolino a Napoli, che non lasciano traccia sul territorio. Il Paese ha bisogno di severità economica e invece si pianificano exploit di spese fine a se stesse. Il festival a Roma? Si può fare - ironizza Squitieri -, ma solo se si abolisce Venezia... E invece le amministrazioni di sinistra continuano a far festa, farina e forca, poi si lamentano che non si arriva a fine mese».
È amareggiato Luca Barbareschi: «Mi addolora questo sgarbo a Venezia. In un Paese con poche risorse bisognerebbe razionalizzarle e non dividerle in una guerra per bande. Abbiamo una Mostra che nonostante i problemi dovuti a una lobby politica (non certo di destra) che ha fatto danni per anni, andrebbe potenziata, non messa a rischio.
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