Sono trascorse ormai due settimane da quel leggendario 27 giugno in cui Walter Veltroni, nel suo storico discorso del Lingotto, tracciando il programma teorico e pratico del nuovo Partito democratico, ossia di tutta la nostra sinistra perbene, ha praticamente affrontato e discusso tutti i massimi problemi nazionali e planetari del nostro tempo, ma nessuno finora ha notato che il pregio più abbagliante di quel testo in ogni senso epocale è la rigorosa assenza di due sostantivi.
Il mirabile discorso di Torino consta di undicimila trecento trentatré parole, ma nessuna di esse nomina mai, nemmeno per errore o distrazione, il binomio «terrore & terrorismo». E poiché la medesima sorte è toccata a tutti i termini che rimandano alla stessa chiamiamola così «area semantica» (espressioni tipo islam e islamismo, fondamentalismo e antisemitismo, stragi e massacri e simili), sembra doveroso dedurne che il nuovo leader del partito della nostra nascitura nuova gauche riformatrice vive in un mondo che ignora, o finge di ignorare, lesistenza del «fattore» Allah.
In compenso la parola che in quellepico messaggio ricorre con maggior frequenza è il sostantivo «valore». Ecco alcune delle frasi in cui questo nobile vocabolo fa il suo magnanimo chicchirichì: «Valori dellinnovazione, del talento, del merito, delle pari opportunità; valori eterni di solidarietà ed eguaglianza; una politica sincera, pragmatica, ancorata ai suoi valori; una politica in cui ci si scontri duramente su programmi e valori; il valore pubblico delle scelte religiose delle persone; a nessun cittadino si chiederà di lasciare fuori dalla porta della politica i propri Valori; tradurre le sue preoccupazioni in valori universali; valore costituzionale della famiglia fondata sul matrimonio; valori nazionali».
Insomma una cascata di richiami al valore dei Valori, ma nemmeno un timido accenno al valore del Terrore...
Per Veltroni il terrorismo non va neanche nominato
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