Veltroni, un uomo solo sul palco Il partito gli prepara già la festa

Il segretario Pd vince la sfida del Circo Massimo, ma non il braccio di ferro interno D’Alema: "Un leader si misura ogni giorno". Fassino: "Non siamo ancora al governo". La regia: i dirigenti del Pd tenuti lontani dal podio, ogni militante ha ricevuto una bandiera. Tonino il provocatore ruba la scena. Festival dell'odio: la Gelmini è il nuovo bersaglio

Veltroni, un uomo solo sul palco 
Il partito gli prepara già la festa

Roma Ha avuto il suo bagno di folla, Walter Veltroni. Al di là delle consuete risse sulle cifre e delle sparate esagerate degli organizzatori, la «sua» manifestazione è riuscita, e la sua prova di forza del 25 ottobre è stata vinta. Per ora.
Perché già si levano voci, dentro il Pd, a ricordargli che «una manifestazione non è una specie di momento costitutivo», e che «la leadership si misura ogni giorno, non in un solo test», come dice Massimo D’Alema. O che «Il problema non è il 25 ottobre, ma il 26: il giorno dopo noi saremo ancora all’opposizione e Berlusconi ancora al governo», come sottolinea Piero Fassino.
Che la prova di forza di Veltroni fosse ad uso anche - per certi versi soprattutto - interno si capiva fin dalla coreografia, studiata dal regista di fiducia delle kermesse veltroniane, Roberto Malfatto: il leader solo, sul piccolo podio che dominava dall’alto il catino affollato del Circo Massimo, un mare ondeggiante di bandiere del Pd (ne erano state distribuite ad ogni singolo essere umano presente, e il colpo d’occhio risultava imponente»). E tutti gli altri dirigenti lontani alle sue spalle, ammucchiati anonimamente su un grande palco insieme a ragazzi con le scritte anti-Gelmini sulle magliette e a membri multietnici dell’Orchestra di Piazza Vittorio. D’Alema e Marini, Rutelli e Fioroni, Cofferati e Fassino, Franceschini e Gentiloni, Bersani e Letta, tutti ritti in piedi ad ascoltarlo in silenzio e a guardarlo ingigantito dai maxi-schermi. Non troppo felici, in molti, di essere finiti lì.
Un colpo d’occhio simbolico: la manifestazione del Circo Massimo è stata una sorta di bis delle primarie, un’operazione che serve a ristabilire il rapporto diretto tra il leader e il suo popolo e a ridare tono e linfa ad una leadership traballante, logorata dai giochi di corrente interni al Pd, indebolita dai primi incerti passi di opposizione. Non a caso, il regista politico più attivo dell’appuntamento è stato Goffredo Bettini, lo stesso delle primarie, quello che incita da tempo Veltroni a smarcarsi dal condizionamento del «vecchio» Politburo e a varare una «nuova leva» di dirigenti investiti da lui. «Il Pd va stappato», ha ripetuto Bettini ieri dalle colonne del Riformista, ci vuole «gente fresca e appassionata» e non vecchi arnesi giunti «al quarto o quinto partito, tra svolte e rifondazioni» avvitati nello «stesso dibattito interno da quasi vent’anni». Qualche nuovo nome, di quelli che Veltroni e Bettini vorrebbero iniettare nel coordinamento del Pd, già è stato lanciato in pista: il romano Nicola Zingaretti, il lombardo Maurizio Martina, il bolognese Salvatore Caronna.
«Questa è la più grande manifestazione di massa del riformismo italiano», ha tuonato Veltroni dal podio. E fin dalla vigilia era chiaro quale fosse per il leader del Pd la pietra di paragone cui parametrare il proprio successo: la manifestazione della Cdl a piazza San Giovanni,nel 2006. Quella di Berlusconi, che allora - come lui ora - era il capo dell’opposizione.
Due milioni, fu allora la cifra sbandierata dagli organizzatori, e tutti la ritennero un grande successo e l’inizio della rimonta berlusconiana. Ieri a piazza Esedra, il veltroniano Paolo Gentiloni aveva in tasca la fotocopia della prima pagina del Corriere della Sera di quel giorno: «Vedete? Berlusconi disse di averne portati due milioni, noi saremo certo di più». Due milioni e mezzo, è la cifra che hanno deciso di fornire e che l’organizzatore Achille Passoni ha reso ufficiale. Dirne di più proprio non si poteva: troppo vicina la memoria dei tre milioni di Cofferati, e lui, il sindaco uscente di Bologna, era lì e non l’avrebbe fatta passare liscia.
Dal podio, Veltroni ha usato i toni che servivano a eccitare e rassicurare la sua gente, quelli dell’anti-berlusconismo. Dipingendo una diversità quasi antropologica dalla destra «che ha fatto un deserto di valori e l’ha chiamato sicurezza, che vuole un pensiero unico e lo chiama gradimento, che calpestano i diritti e lo chiamano decisione. La destra ha creato la cultura del vuoto.

Non le interessa la scuola perché per loro la scuola è la tv. Quel vuoto ci spaventa». Poi le proposte, il «taglio delle tasse sulla tredicesima», il «patto tra produttori» per superare la crisi. Troppo poche, lamenta la fronda interna.

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