Herbert Demel, lingegnere austriaco i cui antenati sfornavano dalla pasticceria nel centro di Vienna i dolci preferiti dallimperatrice Sissi, ha tra le mani unoccasione doro: togliere a Fiat, attraverso il gruppo Magna, la soddisfazione di conquistare, dopo Chrysler, anche la tedesca Opel. E visto che la vendetta è un piatto che si consuma freddo, è difficile pensare che Demel, nonostante la sua flemma, non coltivi dentro sé il desiderio di prendersi una rivincita verso chi gli ha dato il benservito: Sergio Marchionne.
Chiamato nellottobre 2003 da Giuseppe Morchio, allora amministratore delegato di Fiat, a sostituire Giancarlo Boschetti, prossimo alla pensione, al vertice dellAuto, lesperienza torinese di Demel è durata poco più di un anno. Arrivato Marchionne nel momento più nero del Lingotto, per laustriaco sono cominciati i mesi di passione. Non perché ritenuto non allaltezza, sia ben inteso (Demel è riconosciuto da tutti un uomo di grande esperienza e, in particolare, gli viene attribuito il rilancio del marchio Audi), ma in quanto il disegno di Marchionne prevedeva un differente approccio con la struttura del gruppo e, soprattutto, una velocità decisionale diversa.
E così il 17 febbraio 2005, alla vigilia del Salone di Ginevra, nellufficio che Marchionne si era fatto allestire a Mirafiori, a pochi metri da quello dellamministratore e direttore generale di Fiat Auto (la presenza costante, in quel periodo, di Marchionne in corso Agnelli era un chiaro segnale che qualcosa stava per succedere) si è consumato il divorzio. A Demel, Marchionne deve aver comunicato la decisione di volersi occupare direttamente anche della divisione automobilistica. E, quindi, che la sua esperienza alla Fiat era conclusa, non prima di averlo ringraziato «per il lavoro svolto con capacità e dedizione». Pochi giorni dopo lo stesso Marchionne rendeva noti i dati dellesercizio 2004, di cui si era occupato solo da giugno, dopo la scomparsa del presidente Umberto Agnelli e la contestuale sostituzione di Morchio nel ruolo di amministratore delegato: per Fiat Auto risultato operativo in miglioramento del 20%, da un rosso di 1.094 milioni a una perdita di 840 milioni di euro.
Ora, a «riavvicinare» Marchionne e Demel, nel frattempo rientrato nel gruppo Magna, è il boccone Opel, appetito sia da Fiat sia dalla società austro-canadese in cordata con i russi di Gaz e il magnate Oleg Deripaska. Per Marchionne, comunque, non sarà facile spuntarla, viste anche le tre tornate elettorali tedesche di questanno (europee, regionali e politiche) che vedono la Opel il cavallo di battaglia delle fazioni politiche in campo.
In Germania, infatti, si sta rafforzando il fronte del «no» a un possibile ingresso di Fiat.
La vendetta di Demel: assalto a Opel
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