Che vuol dire quella fila biblica che ha paralizzato Roma per accaparrarsi elettrodomestici scontati da Trony? Che vuol dire quell'incasso di due milioni e mezzo di euro in piena crisi in una giornata sola? L'Italia che si dice bipolare e invece è manichea, ha offerto ieri due letture diametralmente opposte: altro che crisi, hanno esultato i liberisti, notando l'exploit di consumi. Che «ressa di schiavi» sotto effetto della crisi nera, hanno commentato gli altri, da sinistra.
Lasciamo a casa le tesi precostituite e ragioniamo: un società impoverita, è vero, non spende così tanto in generi non di prima necessità.
Vuol dire che poi non stiamo così male. Però è vera anche un'altra cosa: mentre il centro commerciale fa il suo boom di incassi, chiudono in un anno a Roma ben 5mila negozi. Non vi dice niente? Se la gente dorme in macchina pur di accaparrarsi un televisore scontato, vuol dire che la crisi picchia, ma i soldi poi non mancano.
Come giudicare invece sul piano psicologico e morale, la corsa? È un esorcismo popolare contro la crisi, va capito; è il vuoto di tempo e la voragine di aspettative che colpisce una società pur indaffarata. Ma è anche la miseria del consumismo come modello di vita e orizzonte di futuro. Un i-phone in saldo non può valere ore di fila a piedi, in auto, una nottata fuori.
Prima
si facevano questi sacrifici per acquistare indulgenze presso santi e madonne; oggi per acquistare distrazioni presso gli ipermercati. Ditemi voi se è un progresso e se siamo davvero passati dall'infanzia alla maturità.
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