«Siamo sicuri di poter vincere al primo turno». Silvio Berlusconi si è sbilanciato la prima volta il 17 aprile, mentre sul palco del teatro Nuovo lanciava il Moratti bis e una sfida alla sinistra, il voto «avrà valore nazionale». A quasi una settimana dal voto non arretra, ma rafforza il concetto. Il leader del Pdl che a Milano è anche capolista forse non riuscirà a superare il record personale di 5 anni fa con 53mila preferenze («questa volta non ho potuto fare campagna sul territorio»), ma davanti alle telecamere di 7Gold Telecity ribadisce che il ballottaggio è escluso. «Essendo Milano la capitale economica d’Italia è un test molto importante per la politica nazionale» ribadisce alla vigilia della kermesse al Palasharp, attesi 10mila supporter nella tana del lupo, il teatro della manifestazione organizzata dal Saviano & co. a gennaio per scandire in coro al premier la richiesta di dimissioni. «Contiamo che i milanesi diano un ottimo giudizio su ciò che ha fatto il governo, che è riuscito in una specie di mission impossible» è un assaggio della replica, ieri in tv e oggi sul palco, a quel popolo degli anti-Cav che sperava di rottamarlo e che ora teme il boomerang.
A Milano «non c’è un’alternativa» taglia corto il premier, «Pisapia ha tra gli alleati i centri sociali, che sono ostaggio di numerosi personaggi violenti e facinorosi che hanno dato tristi prove anche in questa campagna elettorale». La sinistra «non ha idee e non ha programmi, se vincesse la città cadrebbe di nuovo nel clientelismo del passato». Subito dopo le Comunali il governo invece «si metterà al lavoro sulle riforme, le priorità sono quella della giustizia, perché l’attuale non garantisce i cittadini sull’imparzialità dei giudici, quella dell’architettura istituzionale dello Stato, perché la sovranità non appartiene più al popolo, e quella tributaria: non si può più andare avanti con questa selva di leggi, occorre andare a un unico codice fiscale».
E se il centrodestra accelera nel rush finale, a sinistra tira già aria di crisi. Persino Nichi Vendola, leader di Sel e «padrino» politico del candidato del centrosinistra domani sarà all’Arco della Pace per supportare Giuliano Pisapia. Ma ieri intervistato dall’Unità ha espresso il disagio del centrosinistra, «non ha ancora un’anima, agli elettori delusi manca il punto di riferimento». «Non sono mai pessimista - ammette - a Milano avverto un bel fermento». Ma «siamo vincenti nel centro della città, parliamo a larghi strati di mondo giovanile, di ceto medio e di borghesia d’impresa» però «bisogna andare a conquistare quelle sterminate periferie dove la gente rischia di continuare a votare Berlusconi finché non vede e non tocca con mano un’alternativa credibile». E forse il candidato in cachemire, accompagnato dal capolista del Pd Stefano Boeri - un archistar più addentro ai salotti buoni che al mondo degli operai - non è tra i più adatti per convincere la base. Anche il terzo polo è in fibrillazione. Il portavoce di Fli Adolfo Urso ieri ha chiesto di sottrarre il voto «alla logica del referendum pro o contro Berlusconi».
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