Venduta Sestrieres, il «rifugio» dell’Avvocato

Firmata la lettera di cessione a due imprenditori piemontesi per 25-30 milioni. La definizione entro giugno

Luigi Maestri

Racconta Evelina Christillin, vicepresidente del Toroc, che nel ’98 a Siviglia quando ancora non si sapeva se le Olimpiadi si sarebbero svolte a Torino, già si parlava di una vendita degli impianti del Sestriere di proprietà della famiglia Agnelli. Ma come? Volete le Olimpiadi e cedete gli impianti? Chiedevano gli stanieri. E l’Avvocato, che comunque aveva davvero una mezza idea di mollare, aveva dovuto smentire categoricamente: finché organizzeremo i Giochi, aveva detto, non cederemo le quote della Sestrieres Spa. Sono stati di parola. Ora che i Giochi sono finiti, la Fiat ha firmato una lettera per la cessione della società a due imprenditori piemontesi, Alessandro Perron Cabus, albergatore di Sauze D’Oulx, e Giovanni Brasso, proprietario della Publigest. Entro fine giugno, dicono gli interessati, si dovrebbe arrivare alla definizione del contratto che prevede per un controvalore di 25-30 milioni di euro, il passaggio di mano della società.
La Sestrieres Spa, la più grande impresa della Valle Susa e della Val Chisone, dà lavoro a 80 dipendenti e a circa 400 stagionali e controlla circa la metà degli impianti della Via Lattea, mentre l’altra metà costruita per le Olimpiadi è di proprietà pubblica. Perron Cabus e Brasso hanno avuto la meglio su altri due pretendenti, i francesi di Transmontagne e l’imprenditore Capitani di Bormio, alleatosi a una cordata che faceva capo alla Federalberghi dell’Alta Valle Susa. Andrea Maria Colarelli, sindaco di Sestriere, si divide ora tra il rimpianto per l’addio della Famiglia e la speranza che i nuovi proprietari mettano mano agli investimenti necessari per rendere l’impresa competitiva con le megastrutture al di là della frontiera. Come dimostrano i numerosi fallimenti nel settore, l’affetto al territorio non basta più, il mercato del turismo invernale si conquista a colpi di grandi investimenti e di impianti all’avanguardia. Ma comunque sarebbe riduttivo parlare di un legame tra la famiglia Agnelli e il Sestriere solo in termini di affetto. Era certo un po’ il parco giochi della Famiglia, il Sestriere. Un parco invernale non esclusivo, non off limits, ma al contrario da condividere. Innanzitutto con la buona borghesia di allora, prima che arrivasse l’orda dei turisti delle seconde case e dei torpedoni. Fu, raccontò l’Avvocato, una combinazione di «intuito, di immaginazione poetica e di buon senso». Come sempre. Il buon senso portò gli Agnelli, che di propulsori se ne intendevano già, a diventare il motore del turismo per una località allora sconosciuta, anzi inesistente verrebbe da dire: un cocuzzolo circondato da montagne.
I trattori della Fiat, dopo la costituzione della società anonima «Incremento Turistico Sestrieres» arrivarono in valle nel 1930, poi vennero avviati i lavori per la prima funivia, la Alpette-Sises. E poi vennero le due famose torri-albergo, il Monte Sises e il Duca di Aosta, con le rampe elicoidali, per salire in cima, proprio come al Lingotto. E i villeggianti accorsero, tanto che Sestriere è oggi, con Cortina, forse la località più conosciuta all’estero. Con il passare del tempo gli Agnelli, pur diluendo le presenze, non hanno mai abbandonato la località. Ancora una decina d’anni fa, in primavera, di domenica mattina, l’Avvocato volava in elicottero fino al colle con la Christillin - amica di famiglia e che su queste piste è cresciuta - per poi presentarsi allo stadio nel pomeriggio.

Ancora più forte il legame di Umberto che qui aveva casa e che qui veniva nei fine settimana. Il figlio Giovannino fu presidente del comitato organizzatore dei mondiali del Sestriere del ’97. Il banco di prova definitivo per ottenere la consacrazione di queste piste sul palcoscenico olimpico.

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