Venduto il Gancia Si brinda alla russa

Il simbolo del brindisi italiano acquistato dal magnate della vodka Rustam Tariko per 150 milioni

Venduto il Gancia  Si brinda alla russa

Altro che brindisi: la notizia che lo spumante Gancia, il nume­ro uno delle bollicine in Italia, sta­rebbe per passare nelle mani dei russi è piombata sul mondo vinico­lo più gelata di una vodka Doc. Di conferme ufficiali, per ora, non ce ne sono: dalla sede storica di Ca­nelli è arrivato solo uno stringatis­simo comunicato, in cui l’ammini­­stratore delegato Paolo Fontana annuncia per domani la presenta­zione di «nuovi accordi internazio­nali ». Nessun commento, invece, alle notizie, diffuse dai giornali rus­si, secondo cui l’azienda sarebbe già stata venduta alla Russkij Stan­dard dell’oligarca Rustam Tariko per 150 milioni di euro. Una cifra che equivarrebbe a oltre due volte il fatturato dell’azienda - 74,5 mi­lioni di euro nel 2010 - , che conta circa 110 dipendenti, duemila etta­ri di vigneti controllati e 30 ettari in proprietà ed è presente in oltre 60 Paesi di Europa, Asia e America.

Per l’azienda,sono«indiscrezio­ni non corrette ». Ma non così inve­rosimili, se si pensa che l’interesse del magnate russo per l’azienda italiana non è proprio improvviso. Di recente, infatti, Tariko, proprie­ta­rio della banca e della vodka Rus­ski Standard , è diventato il princi­pale azionista di Cedc, azienda po­lacca che attualmente si occupa della vendita dei prodotti Gancia. Tanto più che la Russia è il quarto consumatore al mondo di spu­mante italiano: l’export ha segna­to un aumento record del 41%, e l’Asti è particolarmente apprezza­to.

Ce n’è abbastanza per far preoc­cupare la Cia ( Confederazione ita­liana agricoltori: «Dopo il caso Par­malat, comprata dai francesi di Lactalis - ha dichiarato a tamburo battente- un altro pezzo da novan­ta dell’agroalimentare italiano ri­schia di finire in mani straniere». Per l’esattezza, il più importante marchio di quel settore dei vini friz­zanti che mette l’Italia in testa alla classifica dei produttori mondiali con 380 milioni di bottiglie l’anno contro i 370 milioni dei cugini fran­cesi.

Quel che è certo che, se le bollici­n­e di casa Gancia cambieranno na­zionalità, sarà la fine di una dina­stia industriale lunga quanto la sto­ria d’Italia. Cominciata nel 1850 quando Carlo Gancia produsse il primo spumante applicando le tecniche imparate a Reims, nelle cantine dello Champagne. Oggi lo chiameremmo made in Italy: lui lo chiamò Asti Champagne. Poi di­ventò Asti Gancia tout court : da al­lora, infatti, l’azienda piemontese è sempre rimasta sotto il controllo della famiglia Gancia (oggi rappre­sentata dalla quinta generazione, Edoardo, Lamberto e Massimilia­no), anche se negli ultimi anni ha delegato la conduzione aziendale a manager esterni.

Nel 2008 la ge­stione è infatti passata all’ad Paolo Fontana, un passato in Philips e So­noco, che ha portato avanti un im­portante piano di ristrutturazio­ne, obiettivo il ritorno all’utile en­tro il 2013. L’estate scorsa, è stato realizzato un aumento di capitale da cinque milioni di euro, intera­mente sottoscritto dalla famiglia e volto a rafforzare la struttura finan­zi­aria e accelerare il processo di ri­lancio, soprattutto a livello inter­nazionale, della casa vinicola.

Au­mento a cui si è affiancato anche un rifinanziamento da 10 milioni erogato da un pool di cinque ban­che. E il percorso sembra quello giusto: già nel 2010, il gruppo Gan­cia ha rivisto margini positivi, e nei primi sei mesi del 2011 il fatturato è cresciuto del 20 per cento.

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