Venerdì 17: le Borse europee si riprendono

Negli Usa possibile piano da 150 miliardi di dollari per aiutare i consumatori. L’Opec punta a un taglio da 1-1,5 milioni di barili: petrolio sopra quota 72. La crisi mette a rischio anche i mega-stipendi. Video: faccia a faccia: banchiere vs economista

Venerdì 17: le Borse europee si riprendono

Milano - Forse li ha convinti Warren Buffet, il finanziere miliardario che compra «quando tutti hanno paura». Oppure, a indurre i mercati a lasciarsi ieri dietro le spalle le preoccupazioni legate alla recessione sono state le buone trimestrali di Sony-Ericsson, Ibm e Google, capaci di oscurare perfino il terrificante crollo della fiducia dei consumatori americani e la risalita del petrolio oltre i 74 dollari il barile.

L’ultima seduta di un’altra settimana turbolenta si è così chiusa senza danni ulteriori, almeno in Europa. Wall Street non ha invece perso il vizio del ribaltone: dopo aver mantenuto un andamento positivo per quasi tutta la seduta, gli indici sono scivolati nel finale (-1,41% il Dow Jones, -0,37% il Nasdaq) nonostante le minori tensioni sul mercato interbancario, dove i tassi stanno scendendo. Lo stesso avviene nel Vecchio continente: per il sesto giorno consecutivo, l’Euribor a tre mesi è calato anche ieri (dal 5,09% al 5,045%).

Dopo sei mesi, i listini del Vecchio continente hanno invece riagguantato un recupero del 4% nell’ottava grazie ai progressi di Londra (+5,22%), Parigi (+4,68%), Francoforte (+3,43%) e Milano (+4,16%), ma il bilancio da settimana a settimana è però ancora pesantemente deficitario. Dopo le perdite pari al 21% accumulate tra il 6 e il 10 ottobre, Piazza Affari ha realizzato solo un +7% da lunedì scorso. Ciò che le cifre non dicono è la fortissima volatilità che continua a condizionare gli indici, segno di grande nervosismo.
Difficile prevedere cosa accadrà lunedì alla riapertura degli scambi. I fronti aperti restano molti, e sono gli stessi che nei giorni scorsi hanno contribuito a piegare i listini. La data del summit straordinario sull’economia mondiale non è ancora stata fissata e non lo sarà neppure oggi, ha precisato la Casa Bianca, al termine dell’incontro che George W. Bush avrà con il presidente francese, Nicolas Sarkozy (convinto tuttavia che il vertice si terrà entro dicembre), e con il numero uno della Commissione Ue, Manuel Barroso. Bruxelles, secondo quando annunciato dal commissario interno Charlie McCreevy, sembra comunque fermamente intenzionata a stringere i tempi per arrivare entro la fine dell’anno a definire le nuove regole tese a limitare i rischi nel mercato da 60mila miliardi di dollari dei derivati. Un settore ritenuto tra i principali responsabili della crisi finanziaria.

Il peggio della tempesta è passato grazie alle misure adottate dall’Europa e dagli Stati Uniti, dice la Commissione, ma ora vanno limitati i danni sull’economia reale. Sotto questo punto di vista, è il parere del commissario agli Affari economici e finanziari, Joaquin Almunia, il calo dei prezzi del petrolio avrà effetti benefici sulla crescita. Le quotazioni del greggio, scivolate giovedì sotto quota 70, sono però tornate ieri oltre i 72 dollari. Un livello ancora insoddisfacente per l’Opec, decisa infatti a usare le maniere forti. L’ipotesi è quella di un taglio della produzione di 1-1,5 milioni di barili al giorno, da decidere nel vertice del prossimo 24 ottobre. «Un’ipotesi scandalosa», ha tuonato il premier britannico, Gordon Brown.

Un’eventuale risalita del petrolio rischia di inceppare ancora di più i consumi privati. La fiducia degli americani è già ai minimi termini (l’indice è caduto in ottobre a 57,5 punti contro i 70,3 precedenti) e la crisi economica morde sempre di più il potere d’acquisto.

Dopo le elezioni presidenziali, il Congresso potrebbe mettersi al lavoro per varare un piano di ricostruzione dell’America da 150 miliardi di dollari. L’idea è appoggiata in particolare dal neo premio Nobel dell’economia Paul Krugman, oltre che dal direttore generale del Fondo monetario internazionale, Dominique Strauss-Khan.

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