È il venerdì nero delle banche. Gli investitori temono il contagio

In Italia affondano Unicredit e Capitalia Ad Amsterdam Abn Amro arriva a perdere l’11%. Ma Standard & Poor’s è tranquilla: in Europa bilanci più che solidi

da Milano

Sarà anche vero che le banche europee sono diverse da quelle americane. E che, nel caso specifico, la loro esposizione ai mutui a rischio non è assolutamente paragonabile a quella degli istituti di credito statunitensi. Ma il mercato, ieri, ha mostrato di non credere troppo alle pubbliche rassicurazioni e di non fidarsi ciecamente della presunta maggiore virtuosità europea.
L’indice europeo del settore ha lasciato sul terreno il 3,5%, anche se è arrivato a cedere il 5 per cento. In Italia, l’intero comparto è andato brutalmente sotto pressione. Unicredit, su cui pesa l’ombra fortemente emotiva della consistente presenza tramite Hvb in quella Germania dove un pool di banche ha già dovuto salvare dal collasso l’istituto Ikb, ha chiuso a -3,59% a 6,03 euro e la «consorella» Capitalia a -3,96% a 6,71 euro; Piazza Cordusio, che a un certo punto della seduta è sprofondata del 7%, è stata al centro dei passaggi di mano con scambi per 2,27 miliardi di euro, più di un quinto delle contrattazioni sull’intero listino. Peggio è riuscito a fare solo il Banco Popolare (-4,03% a 18,12). Male anche Ubi Banca (-3,31% a 18,71) e Bper (-3,12% a 17,39). Hanno contenuto i ribassi sotto i due punti Intesa-Sanpaolo (-1,96% a 5,53 euro), Italease (-1,94% a 15,32), Mps (-1,58% a 4,61) e Bpm (-1,28% a 10). L’unica a non farsi abbattere è stata Mediobanca (+0,29% a 15,95 euro).
Anche i big player stranieri hanno vissuto il loro venerdì di passione. A Parigi Bnp-Paribas, obbligata a sospendere tre fondi coinvolti nella crisi dei subprime, ha limitato i danni al 4%, mentre Société Générale ha perso il 4,2 per cento. A Francoforte Commerzbank è scesa del 2,7% e Deutsche Bank del 2%, mentre Ikb, la prima banca europea a rischiare l’affossamente a causa della superesposizione sui mutui a rischio, ha chiuso con una perdita ridotta all’1 per cento. Ma è stata soprattutto la piazza di Londra a sentire i maggiori effetti dell’instabilità finanziaria globale. Basti dire che Northern Rock, ai primi posti tra le società inglesi erogatrici proprio di mutui, è crollata del 9,5%, mentre i fondi speculativi di Man Group hanno ceduto il 9% e, soprattutto, il big bancario classico Barclays ha lasciato sul terreno il 6,3 per cento.
Gli investitori istituzionali e i piccoli risparmiatori, dunque, non sembrano aver dato molto ascolto, in tutta Europa, alle parole degli analisti di Standard and Poor’s, che in un report pubblicato ieri giudicano improbabile che vi possano essere «cambi nella generalmente forte qualità del credito del settore»; le banche, secondo l’agenzia di rating, sono ben posizionate per assorbire l’impatto. E non ha sortito miglior effetto la presa di posizione della Banca d’Italia («nessun allarme specifico»), successiva alle parole di Alessandro Profumo di Unicredit, Pietro Modiano di Intesa-Sanpaolo e Corrado Faissola dell’Abi, tutti concordi nei giorni scorsi nel giudicare minima la quota di mutui subprime che grava sui nostri istituti.
Le conseguenze del venerdì nero delle banche non riguardano soltanto la capitalizzazione di Borsa.

Rischiano anche di influire sui processi di aggregazione in Italia (si veda l’articolo su Unicredit-Capitalia nella sezione Economia) e, soprattutto, sulla scalata a Abn-Amro, la banca olandese che è arrivata a perdere l’11% sulle voci secondo cui sia Barclays, che corre da sola, che Fortis, in consorzio con Royal Bank of Scotland e Santander, potrebbero incontrare notevoli difficoltà nel raccogliere sul mercato i finanziamenti necessari a effettuare le rispettive offerte d’acquisto.

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