Nino Materi
da Milano
Tutti guardavano con diffidenza ai polli. E invece in Italia l’influenza aviaria l’ha portata il cigno reso celebre dalla favola di Andersen, «Il brutto anatroccolo». Su due esemplari di questa specie, trovati in Sicilia, si sono concentrate le prime attenzioni degli esperti dell'Istituto zooprofilattico sperimentale delle Venezie che hanno già stabilito «l’alta patogenicità» del virus H5N1 che li ha stroncati. Gli stessi esperti, nei prossimi giorni, saranno chiamati però a rispondere a un interrogativo ben più allarmante: «L’influenza aviaria riscontrata nei cigni è trasmettibile all’uomo?». Se il responso fosse «sì» scatterebbe il rischio pandemia, ma - al momento - questa ipotesi è da escludere. Sta di fatto, però, che nel nostro Paese sono già 21 (di cui 20 morti) i cigni trovati positivi al «virus dei polli». Secondo le analisi del Centro di riferimento di Padova, sono 5 i casi già accertati di H5N1 «ad alta patogenicità»: uno nella provincia di Taranto, uno a Vibo Valentia e 3 in Sicilia tra Messina e Catania; cigni provenienti tutti da un’area della Russia ad alto rischio di contagio.
Una giornata convulsa - quella di ieri - dove le notizie allarmanti si succedevano agli appelli alla calma. L’ora più drammatica scatta alle 12.30, quando il centro di Padova conferma la diagnosi già effettuata dall’Istituto zooprofilattico di Palermo: «I due cigni reali sono risultati positivi al virus H5N1 dell'aviaria».
Trascorrono pochi minuti ed ecco che dalla Coldiretti parte l’operazione-tranquillità: «Di fronte alla dimostrazione di efficacia nei controlli, occorre evitare gli allarmismi e tenere conto innanzitutto che si tratta comunque di uccelli selvatici che nulla hanno a che fare con gli allevamenti italiani».
Ma a ristabilire i contorni esatti di una situazione tuttaltro che serena è, nel primo pomeriggio, il ministro della Salute Storace: «Il virus trovato in Italia nei cigni morti in Sicilia riguarda anche altre realtà come la Calabria e Puglia dove i rilevamenti su altri volatili hanno riscontrato la presenza di un ceppo influenzale ad alta patogenicità».
Intanto altri «cinque cigni» a rischio aviaria vengono segnalati all'Istituto zooprofilattico di Palermo: due cigni, di cui uno in fin di vita, vengono avvistati a Oliveri, comune in provincia di Messina; altri due si trovano nel lago Ganzirri, sempre nel Messinese; un altro è invece segnalato in provincia di Siracusa.
È il turno adesso dei «pompieri», con Fabrizio Pregliasco, virologo all'università di Milano, che tenta di spegnere l’«incendio» dei timori più o meno infondati: «I casi riscontrati in cigni con virus H5N1 sono qualcosa che era stato messo in conto, previsto, ma sono casi riguardanti animali selvatici. Nessun pericolo quindi per la carne di pollo nostrana, né per la salute dell'uomo».
Tutto vero, anche se dalla Sicilia arriva la notizia che «le persone che sono state a contatto con i volatili poi abbattuti nel centro di primo soccorso fauna selvatica di Catania sono state identificate a poste in stretta osservazione». Così come il centro dov'erano stato portati anche i due cigni morti per aviaria «è stato sottoposto a disinfestazione e messo in quarantena».
Nel «ping pong aviario» si inserisce anche il ministro dell’Agricoltura, Alemanno: «Non c'è alcun pericolo per i consumatori e non devono farsi prendere dal panico». A smentirlo provvede subito Santo Caracappa, direttore dell'Istituto zooprofilattico sperimentale della Sicilia: «È già scattato il massimo piano d'allerta in Sicilia per i controlli da eseguire sul territorio a seguito dei ritrovamenti delle carcasse di cigni rinvenuti nel Catanese e nel Messinese».
La giornata si conclude con un «rassicurante» appello del ministro Storace che si accoda a quanto precedentemente dichiarato dai principali produttori avicoli: «Non c'è nessun pericolo per i nostri polli, ed io non sono preoccupato».
Basterà a tranquillizzare anche gli italiani?
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