Gelosia e invidia verso il Leoncavallo, resa dei conti con il Comune. Ora anche il cento sociale T28 o meglio l’«Ambulatorio popolare» che dal 1994 risiede abusivamente nello stabile occupato di via dei Transiti 28 chiede all’amministrazione di non venire sgomberato.
L’appuntamento con le forze dell’ordine è per giovedì. Gli autonomi hanno già organizzato un concerto itinerante per il quartiere mercoledì sera, «la colazione resistente» giovedì mattina e, convinti di avere la vittoria in tasca, la cena popolare il venerdì, ovvero il giorno seguente lo sgombero. Nonostante la premessa - «non stiamo chiedendo nulla» - non sembra che i compagni accettino di rimanere a guardare la legalizzazione del Leoncavallo - «Non accettiamo lo sgombero, ma non chiediamo trattative o comodati o corsie preferenziali» senza chiedere nulla per sé. E così tanto per mettere in difficoltà il neo sindaco scrivono una lettera aperta per chiedere, anche se in maniera indiretta, di non venire sgomberati, dato l’alto valore sociale delle loro attività.
Ora che è salita al governo una forza amica - il ragionamento - sembra che i centri sociali si sentano legittimati a pretendere e ottenere delle risposte. In nome dei voti dati o dell’appoggio alla campagna elettorale, come avevano dichiarato piuttosto esplicitamente gli autonomi di Zam, Zona Autonoma Milano e i corsari, il collettivo più attivo, il 22 giugno: «I milanesi che hanno votato... non hanno voglia di stare a guardare, ma vogliono che le loro istanze vengano ascoltate». «Non voglio più gli sgomberi» tuonava Franz, leader dei Corsari davanti i rappresentanti del Comune.
Nella lettera aperta gli autonomi di via dei Transiti rivendicano il lavoro svolto, in nome dei diritti dei più deboli, quasi a voler fare breccia nella sensibilità del sindaco, che sul tema ha costruito la sua campagna elettorale. «30 visite gratuite ogni settimana, 5000 persone visitate in 17 anni, decine di incontri informativi e formativi sui diritti sanitari dei migranti o nella scuole superiori sulla contraccezione e sulla salute delle donne...».
La richiesta, seppur velata: «Ambulatorio Medico Popolare: una provocazione che è sopravvissuta e ha fronteggiato tutte le giunte razziste e forcaiole. Questa esperienza rischia di chiudere, che ironia sarebbe, proprio quando cambia il vento a Milano».
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