Una vera svolta nel segno del giovane Yaki

La gestione dello sviluppo e la fiducia nel futuro di Fiat Group

L’operazione annunciata ieri dalla famiglia Agnelli, al di là degli aspetti strettamente finanziari, pone ancora di più John Elkann al centro della galassia torinese. Il nuovo corso del gruppo coincide, infatti, non a caso, con la recente ascesa dell’«erede», sotto la saggia regia del «tutor» Gianluigi Gabetti, ai vertici delle holding di famiglia: prima alla presidenza dell’Ifi, e dallo scorso maggio a quella dell’Ifil, destinata ora a confluire nella nuova Ifi Post Fusione di cui Yaki sarà al timone. La velocità con cui il giovane top manager ha definito l’operazione, favorita dalla decisione del fondo Amber di mettere sul mercato il pacchetto di Ifi privilegiate, che l’accomandita ha scelto di acquistare, è un altro segnale sulla maturità gestionale raggiunta dal nipote di Gianni Agnelli. L’accorciamento della catena, sulle cui ipotesi di realizzazione si sono sbizzarrite negli scorsi anni le maggiori firme della stampa finanziaria, è dunque realtà. Con questa operazione Elkann ha inteso soprattutto semplificare la struttura di controllo del gruppo di famiglia, focalizzando le future strategie sugli investimenti. In cassa, a tal proposito, c’è a disposizione un miliardo di euro.
Con la fusione per incorporazione di Ifil in Ifi, inoltre, gli Agnelli hanno voluto avvicinare alla «cassaforte» Sapaz gli asset all’interno dei quali c’è valore, tra cui Fiat Group. Una chiara dimostrazione di fiducia sul più importante gruppo industriale del Paese.
È logico, inoltre, che la famiglia punti ad accrescere il proprio patrimonio. Con l’eliminazione di un livello di holding (Ifil) i dividendi arriveranno più velocemente a destinazione. Finito l’«effetto distrazione», legato alle speculazioni che il mercato regolarmente alimentava sul taglio della catena e lasciata alle spalle la parola crisi, ora Elkann e Sant’Albano si concentreranno sullo sviluppo del business. E agli ultimi investimenti (Cushman & Wakefield, Banca Leonardo, Perella Weinberg Partners, Vision e Banidjay) ne seguiranno presto altri, spaziando tra Asia, Cina, India e Stati Uniti senza dimenticare l’Italia.

C’è da scommettere, ora, che chiariti da qui a fine anno tutti i dettagli della nuova holding d’investimenti, la cui governance dovrebbe ricalcare quella attuale dell’Ifil, il nuovo tormentone che occuperà le cronache finanziarie riguarderà Fiat: arriverà o no lo scorporo della divisione Auto? Per non parlare del futuro di Sergio Marchionne, l’amministratore delegato del Lingotto che divide il suo tempo fra Torino e Zurigo (Ubs). Come ha insegnato l’operazione Ifi-Ifil, le sorprese sono sempre dietro l’angolo e si materializzano in un battibaleno.

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