La Verdi ambasciatrice a Baku per celebrare Rostropovich

Olga, figlia del maestro Mstislav Rostropovich, il grande violoncellista e direttore d’orchestra russo scomparso nell’aprile del 2007, è giustamente orgogliosa. La fatica profusa a mani basse per organizzare la seconda edizione del Festival internazionale dedicato al padre, svoltosi dal 9 al 14 dicembre a Baku, Azerbaijan, città sulle rive del mar Caspio che gli ha dato i natali, è stata ampiamente ripagata. E, insieme con lei, ci sono almeno altri due soggetti che vanno altrettanto orgogliosi di questa esperienza. Sono Orchestra e Coro Giuseppe Verdi di Milano, «special guest» dell’evento con due concerti al proprio attivo. E che concerti. Requiem di Verdi il primo, venerdì 12, dedicato al presidente della repubblica ex sovietica e «padre» della «nuova» patria, Heydar Aliyev; il secondo il giorno successivo, un «gala concert» di due ore con scene da opere di Verdi, Mascagni, Puccini e Bizet. Entrambi con la direzione dell’americano Eugen Kohn ed Erina Gambarini «chorus master». Ed entrambi all’insegna del tutto esaurito. Se non è chiaro dove si trova l’Azerbaijan, andate pure a cercarvelo sull’atlante (un’edizione rigorosamente post ’91, anno dell’indipendenza). Quel che certo è che gli Azeri sono un popolo particolarmente sensibile alla musica classica. Nonostante la mole di problemi che il Paese sta affrontando, a mezzo tra un recente passato sotto il soviet e un futuro che è tutto da disegnare, con la penna intinta nel petrolio, sono attivi un conservatorio e una Filarmonica, fucina e nutrimento di (anche) giovani professionisti. Così la Verdi, rinfrancata dalla fresca acquisizione del «suo» Auditorium che la conclama unica orchestra in Italia a possedere la sede in cui suona e si esibisce, e la conferma protagonista fondamentale dello scenario culturale e musicale cittadino, si può concedere il lusso (si fa per dire) di varcare gli italici confini nel ruolo di ambasciatore di magica (e vincente) milanesità. Non è un caso, dunque, che i quasi duecento elementi tra orchestra e coro di marchio verdiano siano stati scelti per l’artisticamente raffinata trasferta azera. Un appuntamento che ha visto crearsi un «filo rosso» tra una realtà politico-geografica piena di stimoli e promesse come il Paese transcaucasico e una giovane ma ormai sufficientemente matura realtà culturale come la Verdi, in grado di farsi apprezzare a sia Milano sia in molte parti del mondo. Ne sarebbe stato contento anche il «mito» Rostropovich, chiamato affettuosamente «Slava» (Gloria nella sua lingua) dai suoi: russo fino al midollo ma che scelse di trasferirsi negli Usa, acquisendone la cittadinanza, perchè in dissenso col regime sovietico.

In fondo, anche la musica è sempre ambasciatrice di libertà.

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