Vernon: «Nei miei cd il cuore del vero blues»

Il mitico produttore ripubblica classici con inediti di Bukka White, Otis Spann, Eddie Boyd, Chicken Shack

Antonio Lodetti

«Il blues nella sua forma pura è morto. Rimane la radice e lo spirito ma oggi ha nuove forme». Se lo dice Mike Vernon - leggendario produttore di star come John Mayall e i Fleetwood Mac - c’è da credergli. «Oggi il blues è dappertutto - prosegue Vernon - ma soffocato dai suoni moderni». Per stimolare la memoria storica Vernon ripubblica in una serie di eleganti doppi cd - con inediti, splendide note di copertina e affascinanti foto in bianco e nero - gli artisti che lui stesso ha portato in sala di incisione dal 1965 con l’etichetta Blue Horizon. «Negli anni ’60 c’è stato il blues revival - ricorda - chitarristi-studiosi come John Fahey battevano le campagne per registrare gli artisti nel loro habitat. Decisi di fondare un’etichetta di culto, per vendere dischi preziosi ai veri fan». Nel ’63 Fahey riscopre Bukka White, bluesman che impersona il chitarrista virtuoso e l’intenso e sguaiato cantore del Mississippi. Suona con tecnica straordinaria chitarra e dobro (anche dietro la schiena, imitato poi da Jimi Hendrix) cantando con voce tonante le sue avventure. Diventa famoso negli anni Trenta ma poi finisce per omicidio nel durissimo carcere di Parchmam Farm. Vernon lo conosce a Memphis nel ’68 e documenta l’incontro dal vivo con lo splendido Memphis Country Festival, con White che sfodera il suo virile repertorio attraverso il toccante realismo delle autobiografiche Aberdeen Mississippi Blues, Got Sick and Tired, Old Man Tom. Il disco è arricchito dalla performance di Nathan Beauregard (chitarrista elettrico e banjoista all’epoca già centenario), del Reverendo Robert Tim Wilkins in bilico tra sacro e profano, dei cantastorie Joe Callicott e Furry Lewis. «La loro personalità riflette la loro musica - sottolinea Vernon -; White aveva un suono esuberante come lui, spesso soggetto ad attacchi di rabbia e violenza; Lewis e Callicott erano miti e i loro brani oscillavano tra blues e rag; Wilkins viveva le contraddizioni tra musica del Diavolo e chiesa battista».
Per gli appassionati doc tre cd dedicati al pianoforte, tutti intitolati The Complete Blue Horizon Sessions. Dal cuore del Mississippi (dove è nato nel 1914) alla Finlandia (dove morì nel ’94) si snoda il percorso di Eddie Boyd, pianista intimista autore di classici come Third Degree, qui in una versione del ’67 con i Fleetwood Mac. Un ottimo cd che esalta però la sua vena moderna. I due vecchi inediti The Stroller e No Place Like Home mostrano la differenza col passato. Otis Spann è il miglior pianista del blues di Chicago, compagno di avventura di Muddy Waters e brillante capogruppo. Nel suo doppio troviamo pagine come Someday Baby tratte dal classico The Biggest Thing Since Colossus e versioni inedite di pezzi quali Blues For Hippie, Someday Baby, I Dig You. Al suo fianco i Fleetwood in una festa di British-Chicago Blues.

Brio e intimismo nel disco di Champion Jack Dupree tra brani per solo piano come e scatenati duelli con il Rolling Stone Mick Taylor, l’ex Free Paul Kossof, Duster Bennett, «one man band» che nel suo omonimo cd emula maestri come Jesse Fuller. Tributo al blues bianco l’energico triplo dedicato ai Chicken Shack. Da riscoprire mentre Vernon promette nuove strepitose uscite.

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