L’ articolo di Carlo Lottieri mi dà lo spunto per esprimere qualche personale opinione sul dilemma scuola pubblica-scuola privata. Ritengo sia utile distinguere la questione storica dai concreti temi d’attualità. Lottieri ritiene che il Risorgimento abbia imposto un’ideologia «civile e patriottarda » ad un Paese «cattolico e vernacolare». Pollice verso dunque per Cuore , «indigeribile libro per ragazzi ». Pur essendo indigeribile un bel po’ di strada quel testo l’ha fatta. I personaggi e i racconti di Edmondo dei languori, melensi fin che si vuole, appartengono di pieno diritto al patrimonio culturale degli italiani. Ma il vero problema è: scartato il regime oppressivo e omogeneizzante di «manipolatori delle coscienze », a quale documento ci si doveva riferire per sottrarsi al giogo? Forse al Sillabo di Pio IX? Che si scagliava contro il delirio blasfemo secondo il quale «la libertà di coscienza e dei culti è diritto proprio di ciascun uomo», e i cittadini «avere diritto ad una totale libertà che non deve essere ristretta da nessuna autorità o ecclesiastica o civile, in virtù della quale possano palesemente e pubblicamente manifestare i loro concetti quali che si sieno, ossia con la voce, ossia con i tipi, ossia in altra maniera. E mentre ciò temerariamente affermano non sanno e non considerano che essi predicano la libertà della perdizione ». Stento a ritenere che questa impostazione potesse giovare alla scuola italiana più del «libera Chiesa in libero Stato» di Cavour. Le mie esperienze scolastiche- per passare ai temi concreti - risalgono al ventennio mussoliniano. Al di là di orpelli scenografici il fascismo non aveva molto permeato l’insegnamento. I buoni ginnasi e licei erano severissimi, con un numero alto di bocciature. Fatta eccezione per rare prese di posizione dettate da convinzioni di fede, la scelta della scuola privata derivava, per gli abbienti, dalla voglia di sottrarre i loro pargoli ai rigori della pubblica, e di recuperare anni perduti. Adesso impera il facilismo, ma immagino che qualche traccia dell’antico andazzo rimanga se le «private» reclamizzano alla grande la loro capacità di abbreviare i percorsi scolastici. Sono propenso a sfrondare il dibattito sulla scuola da gran parte dei contenuti ideologici di cui lo si vuole rivestire. Certo ci sono insegnanti di sinistra che al loro credo improntano le loro le azioni, ci sono stati e ci sono libri di testo orientati anch’essi a sinistra. Il Giornale montanelliano denunciò i casi peggiori di faziosità. Che tuttavia non era la faziosità sabauda che Lottieri imputa ai padri della Patria e alla classe dirigente risorgimentale, era invece una faziosità a sfondo comunista, legata al concetto implicito o esplicito che l’Urss, madre dei popoli, avesse una scuola degna d’imitazione. Il grande corpo della scuola italiana - che ha numerosi difetti, ma è migliore di tante straniere- non è caratterizzato a mio avviso dalla faziosità. Semmai è caratterizzato dal suo gigantismo burocratico e dalle pulsioni antimeritocratiche d’un sindacato ipercorporativo. Viene ripetuto che le «private » fanno risparmiare al contribuente molti soldi, surrogando le «pubbliche». È possibile ma stento a capirlo. Gli insegnanti pubblici italiani sono in assoluto i più numerosi d’Europa, in rapporto agli alunni.
Come mai hanno bisogno di rinforzi? Sono stato e sono orgoglioso per avere conseguito la maturità in un prestigioso liceo pubblico. Vorrei che anche i ragazzi d’oggi provassero gli stessi sentimenti e che le Alte Autorità li incoraggiassero a provarli.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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