Il (vero) invalido senza pass

Nel Paese dei falsi invalidi ce n’è uno (vero) che da tre anni lotta per avere dal Comune di Genova il «pass» per poter posteggiare negli appositi spazi. «Al cento per certo, ha capito, invalido al centro per cento - racconta Giuseppe Moro, 52 anni, che dalla nascita ha una ferita aperta vicino all’ombelico - vado soggetto a infezioni, mi devo cambiare la medicazione decine di volte al giorno, specie d’estate. Per me è indispensabile poter posteggiare in fretta l’auto e correre in un bar e rifare la medicazione. Ma niente, la commissione di medici che deve dare il via libera al Comune per il rilascio del pass si rifiuta di farlo. E io colleziono multe».
Era andata così anche per l’obbligo delle cinture di sicurezza, dal quale Moro aveva chiesto (invano) di essere esentato. «Ho fatto causa e alla fine il giudice mi ha dato ragione» dice Moro. Roberto Santi è il medico di Sestri Levante che lo assiste. «Non giudico i colleghi di Genova, forse alla base del rifiuto c’è il fatto che la legge parla di rilascio del pass a chi ha difficoltà di deambulazione. Nella pratica, però, molti casi di invalidità vengono assimilati a questo: chi ha subito un trapianto di cuore, ad esempio, non può farsi grandi camminate e quindi ha bisogno di un posteggio più comodo possibile. Lo stesso vale chi ha disturbi come il signor Moro, che come lui stesso ricordava è costretto a medicarsi moltissime volte al giorno».
A complicare il caso, racconta lo stesso Moro, è arrivata la sospensione della patente per un altro problema di salute che sta curando. «Ma sul rilascio del pass non deve incidere, io a quel pass ho diritto - spiega l’interessato - Ci sono molte persone che viaggiano con questo tagliando sul vetro senza averne diritto, che non hanno restituito il pass dopo la morte del famigliare veramente impossibilitato a muoversi. E chi come me ne ha veramente bisogno deve sentirsi dare del paranoico dai medici. Il problema dell’Italia è che ti costringono a fare dei gesti eclatanti per vederti riconosciuti dei diritti, ti portano all’esasperazione».


Secondo Roberto Santi, che sui problemi della sanità ha scritto anche dei libri, tocca al medico cercare il dialogo con il paziente, anche quello che in apparenza può sembrare litigioso: «Non è possibile - conclude - dover far causa per vedersi riconosciuto un diritto».

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