Il vero progetto di D’Alema

D’Alema scende in campo, dalla sua fortezza, la Fondazione Italiani Europei, esce ora Red, un nome che è un simbolo, anche se, detto in inglese, fa meno impressione che rosso. D’Alema dice alla fine «qualcosa di sinistra». Egli si è reso conto che quello che rimane in Italia di strutturato è la vera e sana organizzazione comunista insediata sull’Appennino dell’Italia centrale, forte delle cooperative rosse e di una militanza motivata dalla storia e non dalla politica.
Il leader Massimo aveva creduto che si potessero fondere cattolici di sinistra e comunisti in un solo partito. La collaborazione della sinistra di base di De Mita e di Martinazzoli con il Pci, divenuto Pds, era stata splendida ed era durata degli anni, anche avvantaggiata dal fatto che l’amnistia sul finanziamento pubblico dei partiti, avvenuta dopo la fine del comunismo russo, aveva protetto sia i postcomunisti che i loro alleati popolari. Meraviglie dell’89: sui democristiani non alleati con il Pci-Pds è caduta la mannaia di Mani pulite e il sorriso del compagno Greganti. La via maestra sembrava quella di giocare la carta del partito unico della sinistra che univa in sé componenti democristiane, ormai spezzate in clientele personali dopo la fine della Dc, e il grosso sano e robusto filone della storia comunista: la quercia che offriva a tutti le sue ghiande, scegliendo i partiti ammessi alla corsa democratica dopo i processi del ’93-94 e seguenti. Per far questo, ci voleva un sistema maggioritario e il bipolarismo: occorreva prendere un democristiano sicuramente di sinistra come Romano Prodi, che persino rivendicava di essere dossettiano e non democristiano. E fare sulla sua persona il grande banchetto dei cattolici e dei comunisti uniti da una lunga storia politica comune.
La radici però rimangono: i cattolici di sinistra e i postcomunisti non si possono fondere insieme. Per farlo, si è dovuto sacrificare l’identità comunista sino all’umiliazione, nascondendola sotto quella del candidato unico, Prodi o Veltroni, che facesse il controcanto a Berlusconi con un volto accettabile alle due componenti in quanto diverso da ambedue e quindi capace di unirle. Non è stato possibile.
Le identità sono troppo forti, sia quella cattolica sia quella comunista. La disillusione di D'Alema è venuta dai cattolici, i cattolici di Giovanni Paolo II e di Benedetto XVI non sono più i cattolici del Concilio. La divisione esistente nella Chiesa è stata riassorbita dal Papato: e oggi il voto cattolico chiede impegni sull'aborto, sulla famiglia eterosessuale, sulle staminali e così via, non parla più di riforma come rivoluzione, come del resto non ne parlano più i postcomunisti. La svolta conciliare è caduta nella Chiesa, nonostante ne rimangano i residui. E i democristiani di sinistra non hanno più nemmeno il voto del Mezzogiorno, le clientele hanno cambiato colore. Non rimane altro che tornare alla vecchia buona storia di abbandonare il partito unico dei cattolici e dei comunisti e rinunciare all’unificazione degli uni con gli altri.
E chi è che ha puntato su questa linea tutte le sue carte? Pierferdinando Casini che vale per questo più di Fioroni e di Marini, contaminati agli occhi dei nuovi cattolici proprio dal lungo tentativo di fusione a freddo con i comunisti. E così è possibile riprendere figura di sinistra, fare appello a tutti coloro che hanno votato a sinistra del Partito democratico. Fare un’alleanza con Casini a destra, Vendola a sinistra, lasciando Fioroni e Marini per la strada perché contaminati dall'uso e non più rappresentativi della differenza cattolica. Viva dunque il proporzionale alla tedesca come vuole Casini, rifacciamo un Partito democristiano autonomo, riprendiamoci le nostre forze nel Partito democratico e gettiamo Veltroni alle ortiche. Così pensa D’Alema e pensa in grande. Ottiene anche, contro i popolari, la solidarietà di Arturo Parisi che accetta l’ingresso della Fondazione Italiani Europei nella analoga fondazione europea socialista.

Tutto è cambiato perché tutto torna come era nella prima Repubblica, quella di cui il sistema proporzionale era la chiave delle differenze e delle alleanze: di tutte e due.
Gianni Baget Bozzo
bagetbozzo@ragionpolitica.it

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