Gianandrea Zagato
Un appello a votare per Bruno Ferrante. Un invito ai milanesi sottoscritto da «cento esponenti della società civile, della cultura, delleconomia e delle professioni». Cento cognomi di peso, dicono quelli dello staff dellex prefetto. E giù lelenchino: da Carla Fracci a Umberto Eco, da Giulio Giorello a Ermanno Olmi passando per Moni Ovadia e Umberto Veronesi.
Sì, proprio loncologo di fama internazionale che si dichiarò indisponibile a correre nelle file dellUnione per conquistare Palazzo Marino, dopo essere stato vittima di unaggressione tuttinterna al centrosinistra su un suo presunto conflitto dinteressi. Firma che per lex prefetto rappresenta la cifra che mancava alla sua candidatura, quellimpronta riformista che il presidente della Provincia Filippo Penati gli rimproverava di non «far emergere». Ma, sorpresa, Veronesi non appoggia affatto lUnione e Ferrante. Anzi, lui, non sa nulla di quella firma che lex prefetto sbandiera trionfante come la prova provata di un sostegno dellarea socialista e riformista e che fa il giro dei giornali. Firma di troppo che la segreteria del professor Veronesi smentisce senza nota stampa, mentre tre ore dopo il portavoce di Ferrante via mail fa sapere che «si è trattato di un errore». «Un errore verificatosi nella fase di acquisizione delle firme a sostegno dellappello per le primarie, unindicazione generica acquisita non direttamente dal professor Veronesi ha determinato lerronea inclusione di questultimo nellelenco dei firmatari», con tanto di «preghiera di rettificare la notizia, omettendo il nominativo di Veronesi».
Sorprendente, allindomani di un articolo dello stesso Ferrante che dalle colonne de il Riformista spiegava la sua ricetta perché «Milano torni la culla del riformismo». Se non ci fosse da piangere ci sarebbe da ridere. Anche perché i supporter di Ferrante non sanno spiegare come sia potuto accadere che «unindicazione generica» abbia «determinato lerronea inclusione nellelenco dei firmatari». Mistero che rischia ulteriormente di rovinare la campagna delle primarie di Ferrante, «evidente il giochino di spacciare una firma per rassicurare che, Ferrante sindaco, Milano resta la culla del riformismo» commentano gli ex socialisti. La realtà dei fatti è dunque ben diversa: linfluente area socialista e riformista non trova spazio nellentourage dellex prefetto, che infatti dà corpo e sostanza ormai solo a quella sinistra che, Unipol e dintorni a parte, punta solo sulla mozione degli affetti. Unica spiega possibile della solidarietà antifascista che, da ieri, Ferrante tenta di solleticare contro lamministrazione di centrodestra: «Questa città viene dallantifascismo e ha un sindaco che va a far visita ai morti della Repubblica sociale, vi pare possibile?».
Invito a tornare alla «Milano risorta sullantifascismo dei partigiani» per sconfiggere «la città chiusa, che sta tornando al modello spagnolo, medievale, quello delle mura».
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