Vertice con gli enti locali: «La Tav si deve fare»

La Margherita con le forze dell’ordine, la sinistra radicale insorge. E i Ds cercano di mediare

Vertice con gli enti locali: «La Tav si deve fare»

Laura Cesaretti

da Roma

La Tav è «un’opera fondamentale, cui non si può rinunciare». E che ha «tutte le garanzie dal punto di vista ambientale». Il presidente del Consiglio scende in campo a difesa dei cantieri aperti in Val di Susa, attorno ai quali la tensione non si allenta. Mentre continua a infuriare la polemica politica.
Ieri pomeriggio a Palazzo Chigi sono saliti tutti i responsabili politici locali: c’era Mercedes Bresso, presidente della Regione Piemonte, il sindaco di Torino Sergio Chiamparino e il presidente della Provincia Antonio Saitta.
Il vertice, cui ha partecipato anche il ministro delle Infrastrutture Pietro Lunardi, è stato convocato dal sottosegretario alla presidenza del Consiglio Gianni Letta, incaricato dal premier di riaprire la mediazione per trovare una via d’uscita con i rappresentanti delle popolazioni coinvolte. Bresso, Chiamparino e Saitta hanno chiesto l’apertura di un «tavolo di emergenza» per la Val di Susa.
«Il governo deve decidere - ha detto la governatrice - e se risponderà in senso affermativo avremo una nuova convocazione subito, entro domenica», auspicando anche la costituzione di una «cabina di regia» che coinvolga le istituzioni locali.
Mentre il sindaco Chiamparino ha sostenuto la necessità di rinviare la manifestazione di protesta convocata a Torino per il prossimo 17 dicembre. In serata, Letta ha fatto sapere che già domani mattina sarà convocato un nuovo incontro sulla Tav, «per affrontare sul piano istituzionale l’emergenza della Val di Susa».
Al summit, rende noto il governo, prenderanno parte tutti i ministri interessati (Interno, Infrastrutture, Ambiente, Salute), i responsabili politici piemontesi, il prefetto di Torino, i presidenti delle Comunità montane dell’Alta e della Bassa Val Susa, nonché una delegazione di cinque sindaci della valle.
Intervengono anche i presidenti delle Camere, per invitare tutti ad abbassare i toni. «Il dialogo - rileva Casini - non può essere cedimento delle autorità pubbliche rispetto alla assunzione delle proprie responsabilità». Altrimenti «sarebbe una resa, e vorrebbe anche dire che chi blocca le strade ha ragione. E questo non è accettabile». E Marcello Pera invita a «isolare coloro che usano questa circostanza di comprensibile divergenza politica per fini che rasentano la violenza e l’eversione». La situazione però resta estremamente tesa. La Lega continua a distinguersi dal resto della maggioranza. «L’allarme c’è - dice Maroni - ma il modo per disattivarlo non è quello di schierare i poliziotti. Ci sono preoccupazioni forti che, forse, finora non sono state comprese. Ed è sbagliato andare avanti come se nulla fosse».
Ma è soprattutto dentro l’Unione che la divaricazione si approfondisce. La sinistra radicale (Verdi e Pdci in testa) attaccano a testa bassa il governo: «Cerca solo lo scontro». Mentre la Margherita dà «piena solidarietà alle forze dell’ordine che si trovano sotto pressione». Niente solidarietà ai carabinieri, insorge Pecoraro: «La nostra va alle popolazioni».
E il Dl Gianni Vernetti lo rimbecca duramente: «Il dialogo va riannodato, in questo momento servono buon senso e calma. Per questo suona fuori luogo la polemica che viene dai Verdi: solidarizzare con i carabinieri aggrediti è di destra? Chiedere a tutti uno sforzo per stemperare i toni è una provocazione? È sorprendente alzare polemiche davvero inopportune in un momento tanto delicato per tutti».


Intanto il ds Violante prova a trovare un equilibristico punto d’incontro tra le anime del centrosinistra: solidarietà ai poliziotti sì («anche Pasolini lo diceva»), ma non «a chi dà gli ordini», ergo al governo. «Invece di proporre ridicole mediazioni private, che mostrano solo una totale mancanza di senso dello Stato, Prodi avrebbe fatto meglio a mediare nella sua coalizione», accusa Cicchitto di Forza Italia.

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