«Vi racconto com’è il Barack segreto»

L’uomo ombra del senatore democratico anticipa i suoi desideri, lo fa giocare a basket, gli cura l’agenda, lo scorta: «È il fratello che non ho mai avuto»

Più alto, più grosso. Reggie sta lì. Dietro. La penna per favore, il numero del governatore X. Chiama e passa. Reggie guarda, Reggie ascolta, Reggie c’è. «Senatore, mi dà la giacca?». Barack s’appoggia a lui: fisico, mente, braccia. Perché Reggie Love è l’ombra che non si deve vedere. Body man: vuol dire poco, cioè tutto: è l’assistente personale, mezzo uomo di fatica, mezzo uomo di idee. Pensa e fa. Fedele, puntuale, preciso, sveglio. Reggie si alza con Barack e va a dormire con lui. Reggie è l’unico che sa quello che gli altri non sanno: più di uno stratega politico, forse. Più di qualunque giornalista al seguito, più dei potenti del partito. Insieme quindici ore al giorno da quindici mesi.
Dimesso, schivo, sorridente. Lo impone il ruolo che lo mette in un posto privilegiato ma muto. L’ha scelto, l’ha voluto, l’ha cercato. Ad aprile 2007 si presentò all’ufficio di Washington: il senatore cercava un factotum. Parlò con Robert Gibbs, capo delle comunicazioni dello staff. Lo presero. Adesso è l’uomo dei segreti, delle manie. Se vuoi sapere chi è Barack Obama in privato chiedi a lui. Saprai poco, ma saprai. Tipo che il primo nero che può arrivare alla Casa Bianca odia agli asparagi, la maionese, le bibite gassate, patatine fritte; ama invece i broccoli e spinaci, cioccolatini al latte, pistacchi. Saprai anche che si sveglia all’alba e che è superstizioso come tutti i politici. Allora ogni giorno prima di ciascun appuntamento delle primarie, scattava il due contro due a basket. Barack e Reggie, più altri due dello staff a turno. Basket cioè lo sport di Love che a 26 anni si è laureato alla Duke university e lì ha fatto seriamente il giocatore di pallacanestro e pure di football. Due metri, centotrenta e passa chili. Body man e non body guard. Reggie non pensa alla sicurezza: per quello c’è il servizio segreto. Reggie fa tutto il resto: segue Obama ovunque per mestiere e forse adesso anche per amicizia. Barack con lui fa il sentimentale: «È il fratello che non ho mai avuto». Vent’anni di differenza. Ci sta, si potrebbe stare. Privilegiato, perché questo posto che sembra modesto invece è fondamentale. Doug Band faceva l’uomo ombra di Bill Clinton e così riuscì a fidanzarsi con la top model Naomi Campbell. Blake Gottesman, body man di George W. Bush fino al 2006, è entrato alla Harvard Business School pur non avendo mai preso la laurea. Portaborse ma soprattutto alter ego. Per Bill Clinton il rapporto con l'assistente Band fu «quasi un matrimonio». Hillary anche ne ha uno: Huma Abedin. Era la preferita dello staff, la più bella, la più brava, la più chiacchierata, forse avrà un futuro politico.
Reggie non lo vuole, adesso. Però è l’intoccabile, l’unico al quale il senatore abbia chiamato durante una tappa della campagna: «Mi dispiace che tu non ci fossi». Ci dev’essere. Perché in aereo nessuno si può sedere nel posto accanto al senatore. C’è la famiglia, c’è lo stratega capo, c’è il capo della campagna e poi c’è lui. Barack non deve neanche girarsi, gli basta allungare la mano. Love anticipa ogni bisogno: l'impermeabile se piove, lo smacchiatore se si sbrodola la cravatta, le pasticche per la gola, l'acqua minerale, la lozione per disinfettare le mani dopo i bagni di folla, le pillole per il mal di testa e le gomme da masticare antifumo. È lo svago, è il sorriso che toglie la pressione della campagna elettorale, perché l’accordo è facile, scritto nel vuoto eppure certo: non si parla di politica. Mai. La sua giornata comincia all'alba per portare in palestra il senatore, si chiude quando entrambi crollano in albergo davanti alla tv: «Niente Cnn o MsNbc, niente tavole rotonde o notiziari: guardiamo partite e discutiamo di sport».
Lo sapeva. Gli piace: «Quando mi hanno assunto, non c'era descrizione del lavoro. È stato un po' come: òccupati di tutto». Cioè anche aggiustare il teleprompter, controllare i messaggi e tenere l'agenda ma anche scattare foto: le 10mila che documentano la campagna.

Modesto? Qui non c’entra lo status, il gradino, la gerarchia. Questo non è un maggiordomo. Reggie è quello che tutti i presidenti hanno. Se stesso in un’altra persona. Uno che conosce il punto debole e fa di tutto per nasconderlo. È potere.

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