Politica

«Vi racconto l’odissea di papà Andreotti»

da Milano

Il potere logora; ma anche i processi, le accuse infamanti, le condanne in primo grado, l’attesa dei verdetti, non scherzano. Pure se ci si chiama Giulio Andreotti, si è cavalcata la scena politica di mezzo secolo e ci si guadagna, si fa per dire, il malizioso epiteto di Belzebù. Oggi a raccontarne il calvario, i timori e la malattia (superata) è la figlia Serena che, in un’intervista esclusiva concessa al settimanale Diva e Donna in edicola oggi, rivela: «Pochi lo sanno, ma in quel periodo mio padre nei primi mesi di Palermo ebbe anche un tumore». Rotta la cortina di dignitoso pudore che lo ha protetto per i dieci lunghi anni di inchieste conclusi con l’assoluzione, ci si può abbandonare ai ricordi, quelli più dolorosi ma anche quelli della gioia. Come in quel sabato di maggio di quattro anni fa dopo la notizia dell’ultimo verdetto favorevole della Corte d’Assise di Palermo. «Quando ho sentito dalla tv: “Assolto”, mi sono precipitata a comprare un vassoio di pasticcini». Dai ricordi emerge a chiare lettere come la grande paura del senatore a vita fosse quella di non avere il tempo per dimostrare la sua innocenza. Anche dopo la guarigione dall’adenoma all’ipofisi che lo aveva colpito a nove mesi dal processo. All’angoscia per le accuse si aggiunse quella della malattia. Serena ringrazia ancora i medici. «Il professor Maira fu fantastico. Con una tecnica innovativa è riuscito ad “aspirare” il tumore, risparmiando a papà la sofferenza di interventi più devastanti». Ma a sorreggerlo fu soprattutto la famiglia che, dopo lo scoramento iniziale, non smise mai di stargli accanto. La figlia ricorda però anche i cedimenti, come quello della madre Livia che scivolò nel baratro della depressione. Lui, invece, fu sempre retto dalla fede cristiana, quella che gli avrebbe consentito anche di perdonare i suoi detrattori. Anche i familiari un giorno scoprirono, attraverso le rivelazioni di un pentito, di essere nel mirino di Cosa nostra. Paradossalmente, dice Serena, fu una bella notizia, perché «voleva dire che ciò avveniva al di là di ogni implicazione e che volevano comunque punire mio padre. Per un periodo dovemmo prendere precauzioni, specie per i ragazzi». Acqua passata. E oggi? «È un tenero nonno che odia le vacanze. I pochi giorni che lo abbiamo costretto a venire al Circeo, questa estate, non se li è goduti. Non ama il mare, non ama le passeggiate, non ama prendere il sole.

La verità è che se non fa politica si annoia».

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