«Vi racconto la vera vita di mia zia Virginia Woolf»

da Mantova

Per sua nipote, Virginia Woolf era diversa da come siamo abituati a pensarla. Sugli anni della sua giovinezza, Angelica Garnett - classe 1918, e figlia dell’amata sorella Vanessa, oggi al Festival di Mantova - ha sentito il bisogno di tornare con l’ultimo libro, La verità nascosta (La tartaruga). Le contraddizioni di Virginia sbocciano dalla duplicità della sua appartenenza; da una parte al XX secolo, dall’altra al mondo vittoriano che le è necessario (e doloroso) esplorare come nocciolo dell’opera e della vita. «Ma dipingere una Virginia cupa, preda della sua follia, è facile come fare un torto al suo coraggio. Nonostante, anzi a causa di quei momenti, Virginia amava la vita. E aveva una grande dignità».
E poi c’è il gruppo di Bloomsbury, formato da Virginia con Roger Fry, E.M. Forster, John Maynard Keynes: «Cercarono di trattenere, del passato, solo ciò che poteva essere utile al loro futuro - ricorda Angelica -. Virginia e mia madre potevano essere straordinariamente moderne, e rivelare d’un tratto pregiudizi ideologici e morali. Per esempio, rimasero sempre consapevoli della propria appartenenza a una certa classe sociale. Forse Virginia andò oltre grazie alla scrittura, con i saggi e i romanzi, mentre mia madre, pur circondata dalla reputazione di eccentrica anticonformista, rimase per i nostri domestici sempre “la signora”. La stessa emancipazione sessuale, per loro, veniva dopo il valore dell’amicizia».
L’ascesa dei totalitarismi, che intimidisce Angelica, segna, dal ’33, la maturazione politica della Woolf. Scrivere Le tre ghinee, il più incompreso dei suoi saggi, assume una valenza quasi eroica. Renitente a farsi ingabbiare in un’ideologia, la Woolf cede al bisogno d’illuminare con la parola il pericolo cui andavano incontro le donne e la società tutta. Sa che il mondo le mostrerà il lato più ostile, perché oserà mischiare la libertà delle donne con i problemi della guerra, da sempre dominio del maschile. La fluidità della prosa allora è baluardo contro la rigidità di polemica e propaganda. Con fluidità attacca il «programma atavico dei regimi» in cerca di un «ritorno alle assolute divisioni dei sessi».
Il saggio esce fra critiche violente. È la teorizzazione del suo antifascismo personale, compreso, ancora una volta, solo dal «lettore comune» cui da anni si rivolge: le lettere di consenso sono centinaia. Ma per certa sinistra frammentata dell’epoca, Virginia Woolf - sposata a un ebreo - resta un’outsider; tacciata persino da taluni di simpatie fasciste. Poi è la guerra, la devastazione delle bombe su Londra. Angelica non parla volentieri degli ultimi giorni del marzo ’41.

«Era strana, sicuramente aveva la febbre. L’aiutai a mettersi a letto, e mi disse che le importava terribilmente di ciò che gli altri pensavano di lei». Fu Leonard a comunicare la notizia del ritrovamento del corpo della suicida.

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