«Vi spiego Maradona a suon di musica»

Maradona grasso e Maradona magro. Maradona che si rialza in piedi come un misirizzi, Maradona generoso, Maradona Cattivo Esempio Per I Giovani, Maradona mano di Dio, Maradona ospedalizzato, Maradona ringhioso, Maradona «figli di puttana». Istantanee che vuoi o non vuoi abbiamo tutti in mente, qualcosa di più selvaggio delle varie facce di un’icona pop. Vari film celebrano Maradona. Ma forse non basta. Maradona infatti è anche un santo, adottato dai napoletani ed entrato in un pantheon di segrete magie non solo folkloriche, quello dei presepi di San Gregorio Armeno. E intanto, al Napoli teatro festival, lo vedremo soggetto di un’opera musicale di Roberto De Simone. Il 5 giugno sarà presentata El Diego n. 10 - musica d'autore per goal e orchestra. Perfetto perché De Simone è stato l’inventore della musica del Sud. De Simone è andato oltre la tradizione napoletana classica, dagli anni Sessanta in poi ha scoperto, trovato, un mondo di ritmi e melodie, emozioni primarie e rituali nella Campania profonda. Ha compilato precise trascrizioni, ha ripreso quei canti e quelle musiche negli anni Sessanta e ne ha fatto nascere tutta un’onda di napolitan power. Dai Musicanova, alla Nuova Compagnia di Canto Popolare, da James Senese a Pino Daniele, a Eugenio Bennato. Tutti gli devono molto. Chi poteva raccontare il Maradona popstar (ma nel senso di popolare) meglio di De Simone?
Roberto De Simone, in breve: chi è Diego Armando Maradona?
«Intanto è un fenomeno atipico, un giocoliere internazionale e un virtuoso, come Paganini. Poi è un incontro etnico anzi un incontro morale tra popoli. Per ultimo è una figura trasgressiva, ma è uno che la trasgressione l’ha pagata sulla propria pelle, non come il figlio di papà che si fa togliere le multe dall’amico. I veri mafiosi, i veri camorristi, stanno in quella zona grigia».
È un santo, o un Doniso con i suoi dolori, insomma una figura del mito.
«E infatti il canto che accompagna l’opera è ispirato a una forma particolare della tradizione: un’esaltazione e una denigrazione sullo stesso personaggio. Il suo rapporto con Napoli è fatto appunto di esaltazione e denigrazione. Questi passaggi dall’amore all’odio vengono anche da una cultura popolare fluida, magari irascibile ma non moralista».
Il libro che uscirà dopo l’estate per Squilibri, «Son sei sorelle - rituali e canti della tradizione in Campania», raccoglie negli anni le sue ricerche sulla musica popolare, dai canti devozionali ai riti religiosi dei Femminielli, accettati dalla Chiesa secoli prima che si parlasse di cultura gay.
«La cultura popolare include tutto, nel corpo della tradizione ci sono ampie dosi di quella che oggi chiameremmo trasgressione. Fa tutto parte della cultura popolare».
Pasolini diceva che il popolo napoetano è in grado di metabolizzare la cultura di massa e di rifarla a modo proprio. Maradona fa parte di questo processo?
«Pasolini ha detto delle grandi verità, da poeta. Ma ha detto anche che il popolo napoletano è una tribù in via di estinzione, come i Tuareg. Si lascia morire ma non cambia. Il giorno che il popolo napoletano diventa moderno smetterà di essere napoletano. Dobbiamo morire, guardi. Mi ci includo anch’io: da napoletano che ha 77 anni e non ha la macchina...».
Lei ha inventato una nuova musica popolare napoletana ed è stato un maestro per molti.
«Quella non è musica popolare, sono gruppetti che schiaffeggiano il tamburello.

Sono borghesi e figli di borghesi che imitano quello che facevo negli anni Sessanta. Dato che la mia ricerca di allora ha avuto successo l’ho abbandonata, sono rimasto nella ricerca facendo cose nuove. Altri, invece, ci speculano ancora. Tutto qui».

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