Voglia di sicurezza. Un milanese su tre sarebbe disposto a pagare una tassa mensile per vivere più tranquillo in città. E quasi metà dei nostri concittadini ammette di avere modificato le abitudini di vita dopo gli attentati avvenuti nei mesi scorsi nelle principali capitali internazionali ed europee. Dopo New York, Madrid e Londra i milanesi e in generale gli italiani si sono sentiti «nel mirino» del terrorismo di matrice islamica tanto che, per evitare sorprese, il 35,8 per cento (36,9 a Milano) sarebbe disposto a pagare una tassa aggiuntiva, 18 euro al mese secondo gli intervistati. Sono i risultati di una ricerca condotta da Acqua sui residenti delle maggiori città (Milano, Roma, Firenze), descritte come possibili obiettivi di attacchi terroristici.
L'indagine, commissionata dalla Fiera e presentata all'inaugurazione del «Salone della Sicurezza», restituisce una fotografia dei cittadini spaventati e condizionati nelle loro scelte quotidiane da un pericolo invisibile ma costante: a Milano, il 43,8 per cento degli intervistati svela di aver modificato le proprie scelte a causa di possibili attacchi terroristici. Precauzione presa soprattutto da giovani, con un'età compresa tra i 18 e i 24 anni, e da donne. Precauzione che si traduce tutti i giorni nell'evitare di trovarsi in luoghi pubblici affollati (secondo il 23 per cento) oppure nella scelta della meta delle vacanze. Più di un milanese su dieci ammette di avere rinunciato a ferie in zone considerate «a rischio». Le capitali europee, ma non solo. Anche Sharm El Sheikh, Istanbul, Kenia e Yemen, luoghi colpiti da Al Qaida nel recente passato.
La proiezione a livello nazionale parla di un'entrata totale pari a 5 miliardi di euro, dalla tassa mensile di 18 euro. Con i fondi a disposizione, calcola Acqua, sarebbe possibile aggiungere all'organico delle forze dell'ordine 140mila nuove unità. Una soluzione che potrebbe essere una risposta al bisogno di sicurezza generalizzato (il 29,5 per cento degli intervistati chiede maggiore presenza di polizia e carabinieri nelle città).
Gli italiani hanno un'idea precisa delle attività di prevenzione e controllo da utilizzare contro gli attacchi terroristici. Molti (il 47,7 per cento, 50,5 per Milano) prendono a modello il sistema usato all'interno degli aeroporti. Chiedendo un esame accurato di persone e bagagli esteso all'interno delle stazioni ferroviarie e della metropolitana, ma anche nei luoghi pubblici e affollati, come gli stadi. Anche se queste procedure dovessero comportare una perdita di tempo negli spostamenti: quasi un milanese su tre è disposto a concedere fino a 15 minuti per avere maggiori garanzie. Da nord a sud, il sentimento è generalizzato. Cambia soltanto la quantità di tempo da sacrificare. Più accomodanti i romani, seguiti da fiorentini e milanesi, meno disponibili ad allungare troppo l'attesa.
Hanno avuto successo, poi, contribuendo a tranquillizzare l'opinione pubblica, le esercitazioni anti-terrorismo organizzate dal Viminale nelle grandi città (Milano, Roma, Napoli) negli ultimi mesi del 2005. Più della metà dei milanesi le ha ritenute utili. Contro la paura, meglio prevenire.
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